La pulce
In questo post troverai una versione leggermente diversa della fiaba "Pelle di Pidocchio"; a questa versione si è ispirato il regista Matteo Garrone per il suo film "Il racconto dei Racconti" ispirato all'opera "Lo cunto de li cunti" di Giovan Battista Basile
C'era
una volta il re di Altomonte che fu pizzicato da una pulce: l'acchiappò con
gran destrezza e la trovò tanto bella che non volle eseguire la sentenza sul
letto dell'unghia. E allora mise in una caraffa la pulce, che ogni giorno
andava a nutrire col sangue del suo braccio. Questa pulce aveva una tale
tendenza a crescere che in capo a sette mesi le si dovette cambiare posto, e
alla fine era diventata grossa come un castrato. Di fronte a questo fenomeno,
il re la fece scuoiare, e conciata la pelle emanò un bando: chi avesse
capito di che animale era quella pelle avrebbe ottenuto la mano di sua figlia.
Appena il manifesto fu pubblicato cominciò ad arrivare gente a frotte, venivano
dal culo del mondo per sottoporsi a questo esame e tentare la fortuna: chi diceva
che era la pelle di un Gatto mammone, chi di un Lupo cerviero, chi di
Coccodrillo, chi di un animale e chi di un altro, ma tutti erano lontani mille
miglia dalla soluzione, e nessuno centrava il bersaglio.
Alla
fine arrivò un orco a questa prova di anatomia, un orco che era l'essere più
deforme del mondo, e nel vederlo anche al giovane eroe più audace del mondo
sarebbero venuti il tremito, la cacarella, i vermi e la pelle d'oca. E questo
orco appena arrivò si mise a girare intorno alla pelle e ad annusare, poi fece
centro dicendo: - Questa pelle è dell'arcifanfano delle pulci. Vedendo che
l'orco aveva dato la risposta esatta, il re, per non mancare alla parola data,
mandò a chiamare sua figlia Porziella, che non vedevi altro che bianco latte e
rosso sangue, e la vedevi fiorire sotto i tuoi occhi, diritta come un fuso, da
quanto era bella. Il re le disse: - Figlia mia, tu sai del bando che ho
emanato, e sai chi sono io, alla fine non posso rimangiarmi la promessa, anche
se mi si spezza il cuore: chi avrebbe mai potuto immaginare che il premio
sarebbe toccato a un orco? ma siccome non si muove foglia che Dio non voglia,
bisogna credere che la celebrazione di questo matrimonio sia avvenuta in cielo,
per poi succedere quaggiù sotto. Insomma, abbi pazienza, e se sei una figlia
benedetta, non contrariare il tuo babbo, e il cuore mi dice che ti contenterai,
perché tante volte in una giara di pietra grezza ci si trovano tesori. Sentendo
questa crudele decisione, Porziella vide tutto buio, il viso le diventò
giallognolo, le caddero le labbra, le gambe le tremavano, e mancò poco che facesse
volare il falcone dell'anima all'inseguimento della quaglia del dolore. Alla
fine si sciolse in pianto e facendo esplodere la sua voce disse al padre: -
Quale danno mai ho fatto al tuo nome, da meritare questa pena, quali parole
cattive ti ho rivolto, che mi consegnati nelle mani di questo bruto? O
disgraziata Porziella, come una donnola deliberatamente mandata in gola al
rospo! O misera pecorella generata da un lupo mannaro! Questo è l'affetto che
nutri per il tuo sangue? Questa è la prova d'amore per me che
chiamavi Bambolina dell'anima mia? In questo modo ti scrosti dal
cuore colei che ha il tuo stesso sangue? Così elimini dalla tua vista quella
che era la pupilla dei tuoi occhi? O padre, padre crudele. tu non devi essere
nato da una creatura umana, le orche marine ti hanno dato il loro sangue, le
gatte selvatiche ti hanno dato il latte. Ma perché ti paragono agli animali del
mare o della terra? tutti gli animali amano le loro creature, tu solo,
snaturato, sei schifato dalla tua discendenza, sei l'unico a provar disgusto
per una figlia! Quanto sarebbe stato meglio se la mamma mi avesse strangolata,
se la culla fosse stata il mio letto di morte, se la poppa della balia fosse
stata una vescica piena di veleno, se le fasce fossero state nodi scorsoi, se
il bubbolo che mi fu appeso al collo fosse stato una macina! Sempre meglio che
farmi arrivare a questo giorno sciagurato, dove mi dovrò vedere carezzata dalla
mano di questa Arpia, abbracciata da due stinchi d'Orso, baciata da un paio di
zanne di porco. Voleva parlare ancora, quando esplose la collera del re: -
Trattieni l'acido e l'amaro, perché lo zucchero costa caro! rallenta, perché i
brocchieri sono di pioppo! chiudi la bocca, ché te ne escono schifezze! sta'
zitta, non fiatare, perché morsichi troppo, linguacciuta e biforcuta! Quello
che faccio io è ben fatto, non insegnare al padre come si fanno i figli,
abbozzala e ficcati la lingua nel didietro, e non irritarmi al punto che
esploda, che se ti metto le mani addosso non ti resta nemmeno una ciocca di capelli,
e ti tocca masticare il pavimento con i denti! ma guarda questo fiato del mio
culo che vuol fare l'uomo, e dettare legge a suo padre! Ma da quando in qua una
con la bocca che puzza ancora di latte ha da ridire sulle mie decisioni?
presto, prendi la sua mano, e parti immediatamente verso casa tua, perché non
voglio vedermi davanti questa faccia sfrontata e presuntuosa nemmeno per un
altro quarto d'ora. La povera Porziella, che vide a che punto era arrivata, con
la faccia di un condannato a morte, gli occhi di un indemoniato, la bocca di
chi ha preso la purga, il cuore di chi sta fra l'incudine e il martello, prese
per mano l'orco, che senza altra scorta o corteo la trascinò in un bosco, dove
gli alberi facevano riparo al prato, perché il sole non lo scoprisse, i fiumi
si lamentavano, che dovendo camminare nel buio battevano contro le pietre, e
gli animali selvatici godevano della libertà senza nemmeno pagare una multa, e
si muovevano al sicuro per quelle macchie, dove nessuno mai arrivava, a meno
che non avesse sbagliato strada. Nel posto nero come una ciminiera accesa,
spaventoso come la bocca dell'inferno, c'era la casa dell'orco, tutta
tappezzata e adornata di ossa degli uomini che lui aveva divorato. Chi è
cristiano consideri ora il tremolio, il tuffo al cuore, la paura, lo spavento,
il flusso di vermi intestinali e il corpo sciolto della povera figliola:
non le era rimasta una sola goccia di sangue addosso. Ma questo non era ancora
nulla, uno spicciolo di latta dato in resto a una moneta d'oro, dato che le
toccarono ceci come antipasto e come dolce fave col guscio, perché l'orco,
andato a caccia, tornò a casa ben carico di quarti di morti, dicendo: - Ora non
ti potrai lamentare, moglie mia, che non provveda a te: eccoti una buona
provvista di companatico, piglia e abbuffati, e voglimi bene, perché può
cascare il cielo, ma io non ti farò mancare il nutrimento. La povera Porziella,
sputando come una donna incinta, girò la faccia dall'altra parte. L'orco,
vedendo questa mossa, disse: - Questo vuol dire gettare le perle ai porci, ma
non importa, sta' un po' calma fino a domattina, che sono stato invitato a una
caccia di porci selvatici, e te ne porterò un paio, così faremo una bella festa
di nozze con i parenti, per consumare l'unione con più piacere. Dopo aver detto
queste parole, s'inoltrò nel bosco, e mentre lei continuava a piangere alla
finestra, passò davanti alla casa una vecchiarella che, sentendosi sbiancare
dalla fame, le chiese se poteva darle uno spuntino. La povera giovane le
rispose: - O mia buona donna, Dio sa con che cuore ve lo darei, ma sono
prigioniera di questo Belzebù, che non mi porta a casa altro che quarti di
uomini e pezzi di morti ammazzati, che non so come possa avere lo stomaco per
vedere queste schifezze, e passo la vita peggiore che mai sia toccata a
un'anima battezzata. E dire che sono figlia di un re, e sono cresciuta a
pappardelle, e sono sempre stata nell'abbondanza...
E
dicendo queste parole si mise a piangere come una bambina alla quale hanno
rubato la merenda, al punto che la vecchia si sentì intenerire il cuore, e le
disse: - Cresci, bella figliola mia, non distruggere questa bellezza a forza di
piangere, che hai trovato la tua fortuna, sono qua per servirti di tutto punto.
Sentimi bene: io ho sette figli maschi che a vederli ti sembrano sette cerri,
sette giganti, Maso, Nardo, Cola, Micco, Petrullo, Ascadeo e Ceccone, che hanno
più virtù della rosa marina. In particolare Maso ogni volta che mette
l'orecchio in terra ascolta e sente tutto quello che succede per un raggio di trenta
miglia. Nardo, ogni volta che sputa, fa un mare di sapone. Cola fa un campo di
rasoli affilati ogni volta che getta in terra un ferretto. Micco fa un fitto
bosco ogni volta che getta un legnetto. Petrullo tutte le volte che getta in
terra uno schizzo d'acqua fa un fiume terribile. Ascadeo fa sorgere una torre
altissima ogni volta che tira un sasso. Ora vedi, con l'aiuto di loro, che sono
tutti gentili, tutti amorosi e avranno compassione per il tuo stato, voglio
vedere di levarti dalle grinfie di questo orco, perché questo bel boccone
succulento non deve andare in bocca a questo bruto. - Ma non ci potrebbe essere
un tempo migliore di questo, - rispose Porziella - dato che quell'anima nera di
mio marito è uscito, e non tornerà prima di stasera, e avremo tutto il tempo
per svignarcela e tagliare la corda.
-
Stasera non si può fare, - rispose la vecchia, - perché abito un po' lontano.
Basta: domattina io e i miei figli saremo qui tutti insieme per levarti da
questo patimento.
Dopo
aver detto questo se ne andò, e a Porziella si allargò il cuore tanto che dormì
tutta la notte. Ecco che appena gli uccelli cantarono Evviva il sole,
arriva la vecchia con i sette figli, e dopo aver fatto mettere Porziella in
mezzo a loro si avviarono verso la città. Ma non si erano allontanati di mezzo
miglio quando piazzando l'orecchio a terra Maso gridò: - Allerta! olà! a noi!
il nemico! L'orco è già tornato a casa, e non avendo trovato questa figliola,
ora sta arrivando qui da noi con la coppola sottobraccio. Appena ebbe sentito
queste parole, Nardo sputò in terra e fece un mare di sapone: arrivato l'orco,
e vista questa saponata, corse a casa, e preso un sacco di crusca, prese a
strofinarsela sui piedi, tanto e tanto che ce la fece a superare l'ostacolo. Ma
maso rimise l'orecchio in terra, e disse: - Tocca a te, compagno, sta
arrivando.
E
Nicola gettato il ferretto in terra fece germogliare un campo di rasoi. Ma
l'orco, che si vide sbarrato il passo, corse di nuovo a casa, e si vestì di
ferro da capo a piedi, così tornò e superò anche questo ostacolo.
Ma
Maso, piazzato ancora una volta l'orecchio a terra, gridò: - All'armi!
All'armi! All'armi! fra poco lo vedi, perché l'orco salta arrivando di gran
carriera, che vola! E Micco, lesto lesto, col legnetto fece crescere un bosco
così terribile, che era una cosa difficile da penetrare. Ma appena l'orco
arrivò a questo brutto posto, impugnò un coltellaccio che gli pendeva dal
fianco, e cominciò a fare crollare di qua un pioppo, di là un cerro, a far
precipitare un corniolo da una parte e un sorbo peloso dall'altra. Tanto che in
un batter d'occhio, o al massimo in due o tre, aveva atterrato tutto il bosco,
e si era liberato da quel viluppo. Maso, che teneva l'orecchio sempre pronto,
tornò a levare la voce: - Noi stiamo qui a cincischiare, e invece l'orco ha
messo le ali, e ora lo vedi alle nostre spalle. Petrullo, sentendo queste
parole, prese una sorsata d'acqua da una fontanella che pisciava goccia a
goccia da una conchiglia di pietra, e spruzzatala in terra, apparve un fiume
immenso. Vedendo quest'altro ostacolo, l'orco, che non ce la faceva a bucare
quel che loro riuscivano a tappare, si spogliò tutto nudo e a nuoto, con i
vestiti in capo, passò dall'altra parte, Maso, che metteva l'orecchio a tutti i
buchi, sentì il calpestio dei calcagni dell'orco, e disse: - Questo nostro
affare puzza di marcio, e l'orco sta già battendo i tacchi, fosse il cielo a
dirtelo al posto mio, e allora stiamo in campana e facciamo fronte a questo
uragano, sennò siamo fritti. - Non dubitate, - disse Ascadeo, - che ora gliela
faccio vedere io a questo brutto miserabile.
E
dicendo questo, lanciò un sanno e fece apparire una torre, dove si affrettarono
a infilarsi tutti e sbarrarono la porta. Ma quando l'orco arrivò, vedendo che
si erano messi in salvo, corse a casa, trovò una scala da vendemmiatore, se la
caricò sulle spalle e corse alla torre.
Maso,
che stava con l'orecchio teso, sentì da lontano l'orco che arrivava, e disse: -
Ora siamo giunti al moccolo della candela delle nostre speranze: l'ultimo
riparo delle nostre vite è Ceccone, perché ora torna l'orco, ed è terribilmente
infuriato. Ohimè! come mi batte il cuore e che brutta giornata prevedo!
-
Ma sei proprio un cacasotto! - rispose Ceccone - lascia fare a Menechiello, e
vedi se non centro il bersaglio con le mie pallottole.
Non
aveva ancora finito di dire queste parole, quando l'orco appoggiò la scala, e
cominciò ad arrampicarsi, ma Ceccone prese la mira e centrandolo in un occhio
lo fece cadere a terra come una pera cotta. Allora sortì dalla torre, e con lo
stesso coltellaccio che gli pendeva dal fianco, gli tagliò il collo, come se
fosse di cacioricotta. E con grande allegria lo portarono dal re, che andando
in sollucchero per aver riavuto la figlia, perché si era pentito cento volte di
averla data a un orco, in pochi giorni le trovò un bel marito, e fece ricchi i
sette figli e la mamma, che avevano liberato la figlia da una vita tanto
infelice, senza smettere di dichiararsi mille volte colpevole nei confronti di
Porziella. Perché l'aveva messa in pericolo tanto grande per un capriccio
insensato, senza pensare quale errore commette chi cerca
Uova
di lupo e latte di formica.
Tratto
da “Lo Cunto de li Cunti”
Di Giovan
Battista Basile, prima pubblicazione 1634
Versione
Italiana © Adalinda Gasparini, 2011.
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