Futurismo e sport

Il futurismo, fondato da Filippo Tommaso Marinetti nel 1909, è legato intimamente allo sport per il suo carattere di modernità e di voglia di infrangere record e limiti umani anche sul piano motorio. Nasce in un periodo storico di grande trasformazione, dove tutto il mondo dell'arte e della cultura era stimolato da moltissimi fattori: la crisi dei grandi imperi, la trasformazione sociale dei popoli con la nascita del ceto operaio, i grandi cambiamenti politici, ma soprattutto le nuove scoperte tecnologiche, in primo luogo l’energia elettrica, e di comunicazione come il telegrafo senza fili, la radio, gli aeroplani e le prime cineprese. Tutti fattori che arrivarono a cambiare completamente la percezione delle distanze e del tempo, accorciando gli spazi nel mondo conosciuto.

Questo movimento nato inizialmente in Italia, si diffuse rapidamente in tutta Europa.
Lo sport, che è dinamismo per eccellenza, non poteva risultare irrilevante nelle percezioni dei futuristi.


Nell'interpretazione futurista, infatti, il movimento dell'atleta finisce per modificare lo spazio circostante e creare un'immagine completamente nuova che sintetizza e quasi congela la visione del movimento stesso. S'indirizzano in questo senso gli studi di Umberto Boccioni (1882-1916) che sfociano, da una parte, in Forme uniche di continuità nello spazio (Milano, Museo del Novecento) del 1913, che si può assumere rappresenti un atleta in corsa, ma, soprattutto, nelle tele di quello stesso anno che mostrano il Dinamismo di un ciclista (Milano, Collezione Mattioli) e il Dinamismo di un footballer (New York, Museum of Modern Art).

Umberto Boccioni, 1913, Forme uniche nella continuità dello spazio

Umberto Boccioni, 1913, Dinamismo di un footballer


Umberto Boccioni, 1913, Dinamismo di un ciclista


Il rapporto fra arte e sport si sposta dal tema della rappresentazione sociale (il calcio, così come il ciclismo e la boxe, erano sport estremamente popolari tra le classi più povere ed erano anche visti come uno strumento di riscatto sociale)  a quella di una nuova realtà dinamica e moderna della quale lo sport finisce per essere l'emblema.

Il rapporto fra sport e velocità trova un momento particolare d'esaltazione nelle riflessioni pittoriche di Giacomo Balla (1871-1958) sul dinamismo dell'automobile in corsa.
Il nuovo mezzo di trasporto rappresenta l’idea della sfida e della competizione.  E’ l'idea stessa del progresso che si presenta prepotentemente nell’immaginario degli artisti. L'Italia di quel tempo stava entrando nel mondo delle competizioni internazionali: dalla sanguinosa guerra combattuta in quegli anni deriverà un paese industrializzato, nella quale l'automobile avrà un ruolo da protagonista. 

 Il tema era già stato affrontato da Boccioni, in maniera tradizionale, nell'ironico cartoncino noto come Auto in corsa o Automobile e caccia alla volpe del 1904 (Collezione dell'Automobile Club d'Italia), dove il segno è ancora di tipo liberty, assai vicino a quello utilizzato nei manifesti pubblicitari degli stessi anni. La lettura che offre invece Balla dell'automobile in corsa, in opere come Velocità d'automobile (Milano, Galleria Civica d'Arte Moderna, raccolta Grassi) e Auto in corsa (Milano, Collezione privata), entrambe del 1913, ossia contemporanee delle ricerche del Boccioni futurista, è ormai dedicata allo studio della forma dinamica che trasforma la realtà e ci restituisce un’immagine che richiama alla mente non solo sensazioni visive, ma anche sonore (il rombo dei motori) e, forse, tattili (il vento sul volto dei piloti).

Umberto Boccioni, 1909, Automobile e caccia alla volpe

Giacomo Balla, 1913, Velocità d'automobile

Giacomo Balla, 1913, Auto in corsa


L'esperienza futurista, però, in questo senso, finisce per esaurirsi con la parabola del movimento che, sebbene abbia avuto strascichi, riprese e rinascite opera degli artisti che si riunirono nella aeropittura, si deve considerare conclusa, per quanto riguarda la spinta creativa originaria e genuina, nel 1917.

Tullio Crali, 1939, Tuffo sulla città

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