Negli ultimi cento anni l’aspetto di
Roma è cambiato notevolmente e, per chi ama la città storica, sono state spesso
distrutte realtà che la caratterizzavano, come la spina di Borgo in Vaticano o
l’intera zona a ridosso dell’Aracoeli, trasformata per far posto al Vittoriano.
Ma nelle zone meno centrali sono state realizzate importanti opere che, a
partire dall’inizio del ‘900 hanno influito sull’immagine di Roma. In questo
senso meritano una visita il Quartiere Coppedè e la Garbatella, impianti
urbanistici di gran gusto; le architetture del Ventennio, come la Città
Universitaria, Cinecittà, il Foro Italico e soprattutto l’EUR, con la sua retorica
monumentalità in parte equilibrata dai ritocchi per le Olimpiadi del 1960.
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vista del quartiere Coppedè, Roma |
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vista del quartiere Coppedè, il "villino delle Fate" |
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vista del quartiere Garbatella, Roma |
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vista del quartiereGarbatella, Roma |
Dopo l’età fascista e le Olimpiadi,
però, la città si è arrestata, lasciando troppo spazio alla speculazione
edilizia, fino agli anni ’90, con la Moschea di Portoghesi e Musawi e poi con
il Giubileo del 2000, al quale si ricollegano gli importanti edifici religiosi
contemporanei la Chiesa di Tor Tre
Teste di Richard Meier, al quale si deve anche la nuova copertura dell’Ara Pacis. In questi ultimi anni si segnalano,
infine, anche l’Auditorium Parco della Musica di Renzo Piano, e l’apertura dei
grandi complessi museali del Macro e del MAXXI, mentre è dell’anno scorso
(2016) il completamento del Nuovo Centro Congressi (la Nuvola) di Massimiliano
Fuksas all’EUR.
In questo articolo esamineremo alcune di queste architetture per illustrare, attraverso di esse, alcune tra le principali correnti dell'architettura contemporanea.
IL NEO-FUNZIONALISMO
Il neo-funzionalismo fa riferimento a quegli architetti che hanno deciso di operare in continuità con il linguaggio estetico di Le Corbusier e del Movimento Moderno
CHIESA DIO PADRE MISERICORDIOSO (1995-2003)
Progetto: Richard Meier & Partners
La chiesa, nota anche come Dives in Misericordia (dall’omonima enciclica di Giovanni Paolo II, 1980), viene realizzata in occasione del Giubileo del 2000 a seguito di un concorso internazionale a inviti (1995), per sei architetti noti, di nazionalità e culti diversi: Tadao Ando, Gunter Behnisch, Santiago Calatrava, Peter Eisenman, Frank Gehry e Richard Meier. Il concorso bandito dal Vicariato di Roma per l’area di Tor Tre Teste, compresa tra il Raccordo Anulare, la via Prenestina Vecchia e il quartiere Alessandrino, vinto da Meier, richiedeva l’elaborazione di un progetto di chiesa parrocchiale capace sia di esprimere la spiritualità del nuovo millennio, sia di immettere valore architettonico e urbano nell’edificato convenzionale del quartiere romano.
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Richard Meier, chiesa di Dio Padre Misericordioso, schemi compositivi |
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Richard Meier, chiesa di Dio Padre Misericordioso, schizzo di progetto |
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Richard Meier, chiesa di Dio Padre Misericordioso, schizzo di progetto con studio della sezione |
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Richard Meier, chiesa di Dio Padre Misericordioso, planimetria generale |
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Richard Meier, chiesa di Dio Padre Misericordioso, vista aerea |
Lo schema compositivo della chiesa si sviluppa da uno schema compositivo basato su una serie di tre quadrati e da quattro circonferenze che si intrecciano tra loro. I quadrati definiscono il disegno delle corti e dei servizi ecclesiastici, mentre le circonferenze generano i profili delle vele. A sinistra l’aula ecclesiale individuata dalla figura avvolgente di questi tre gusci; queste potenti pareti curve è come se si infrangessero con le loro ondate contro il volume più rigido delle opere parrocchiali, che raffredda e contiene l’esuberanza delle curvature.
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Richard Meier, chiesa di Dio Padre Misericordioso, vista d'assieme della facciata principale |
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Richard Meier, chiesa di Dio Padre Misericordioso, studio della sezione |
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Richard Meier, chiesa di Dio Padre Misericordioso, sezione trasversale |
Lo spazio sacro leggermente disassato rispetto alle costruzioni di servizio agli uffici religiosi, è uno spazio cavo, che riprende l'idea dello scafo una barca rifacendosi alla tradizione cristiana in cui la barca rappresenta la Chiesa guidata da Cristo nel mare in tempesta. Tale effetto viene accentuato dall'illuminazione naturale, la cui luce (che entra zenitalmente dalle vetrate di collegamento delle vele e da quelle alle spalle del Crocifisso sopra l’altare e dal basso, attraverso uno stretto taglio a livello del suolo), delinea, nei volumi complessi, proprio l'effetto delle vele gonfiate dal vento.
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Richard Meier, chiesa di Dio Padre Misericordioso, pianta piano terra |
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Richard Meier, chiesa di Dio Padre Misericordioso, plastico |
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Richard Meier, chiesa di Dio Padre Misericordioso, interno dell'aula |
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Richard Meier, chiesa di Dio Padre Misericordioso, interno della'aula |
Per la realizzazione delle grandi pareti curve autoportanti delle vele si è ricorso a conci componibili e prefabbricati (realizzati da Italcementi) che consentono, rispetto al sistema in acciaio e pannelli intonacati suggerito da Meier, di ottenere lo stesso effetto vela guadagnandone in sicurezza e durata. La vela più alta è di 26 m, mentre la più bassa raggiunge i 18 m. Le calotte curve, sia in pianta che in alzato, possiedono lo stesso raggio di curvatura nell'alzato , ma diverso in pianta. I quattro gusci sono collegati tra loro mediante dei lucernai inclinati, che accentuano la curvatura delle calotte. Il montaggio dei conci, diversi per misura e curvatura, tanto che ne sono state prodotte 38 tipologie, ha richiesto per il posizionamento e l’impilaggio il progetto e la realizzazione di un traliccio speciale scorrevole, chiamato appunto la Macchina dei conci. Infatti ogni pannello doveva essere accostato ad altri, con la precisione richiesta dal rispetto della geometria della vela e, con precisione assoluta, esser movimentato per permettere l’interconnessione delle barre, tornare alla posizione ideale e rimanere immobile durante le prime fasi di realizzazione del giunto, in una porzione di spazio predeterminato. Tutto ciò senza che sulla verticale del suo baricentro potesse essere agganciato un qualsiasi mezzo di sollevamento o di sostegno.
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Richard Meier, chiesa di Dio Padre Misericordioso, le vele |
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Richard Meier, chiesa di Dio Padre Misericordioso, immagine di cantiere: il montaggio dei conci |
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Richard Meier, chiesa di Dio Padre Misericordioso, immagine di cantiere: il montaggio dei conci |
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Richard Meier, chiesa di Dio Padre Misericordioso, la facciata posteriore |
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Richard Meier, chiesa di Dio Padre Misericordioso, la facciata principale |
Il colore bianco: “il … più bello in assoluto, perché dentro di esso si possono vedere tutti i colori dell’ arcobaleno” (R. Meier) è stato preservato con l’impiego di un conglomerato speciale di polveri di marmo di Carrara e additivi di ossido di titanio (brevettato da Italcementi) che permettono di ossidare le particelle inquinanti, mantenendo intatto il colore
IL POST-MODERNO
A partire dalla metà degli
anni Settanta del novecento, il rifiuto degli atteggiamenti più rigidi del
movimento moderno ha portato alcuni architetti a rivendicare il diritto alla
citazione della tradizione storica e al valore estetico, e non più solo funzionale,
dell'architettura con il ritorno dell'ornamento e del primato dell'individuo
sullo standard.
GRANDE
MOSCHEA DI ROMA (1984-1995)
Progetto: Paolo Portoghesi
La grande moschea di Roma è forse il
capolavoro di Paolo Portoghesi, uno dei maggiori esponenti italiani del post-modern; una sintesi di tradizioni artistiche che
inserisce nella storia architettonica di Roma i contenuti della spiritualità
islamica. Quest’opera, che gode oggi di un ampio consenso, ha avuto una genesi
sofferta data dalla comprensibile difficoltà a infrangere il tabù rappresentato
dall'accesso ufficiale della religione islamica nella capitale della
cristianità, ma del resto una delle principali caratteristiche della cultura
islamica, è sempre stata la straordinaria capacità di adattarsi e plasmarsi
sulle realtà esistenti, generando, per quanto concerne l’architettura,
molteplici linguaggi locali legati a materiali e modelli preesistenti.
Dall’esterno il complesso appare come una sequenza di volumi asimmetrici che si raccordano attorno ad uno spazio centrale di preghiera nel quale spicca una nicchia (il Mihrab, la nicchia diretta verso la città santa de La Mecca) che mette in relazione tutti i corpi tra loro. La sala della preghiera, il cui impianto planimetrico vede la combinazione di due forme: il quadrato della pianta e il cerchio, è il risultato dell’accostamento di una serie di cellule che fungono da modulo spaziale; queste sono coperte da molteplici cupole minori, che convergono nella grande cupola centrale che richiama le celebri moschee turche ma anche le cupole romane, dal Pantheon a San Pietro.
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Paolo Portoghesi, grande Moschea di Roma, vista aerea |
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Paolo Portoghesi, grande Moschea di Roma, planimetria |
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Paolo Portoghesi, grande Moschea di Roma, prospetto con il Mirhab |
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Paolo Portoghesi, grande Moschea di Roma, sezione della sala di preghiera |
Lo spazio interno della sala è
articolato da 32 pilastri polistili, i quali si raccordano alle cupole con
elementi intrecciati e innervati, che creano giochi di luce e ombra, conferendo
un senso di leggerezza e spiritualità. I pilastri proseguono anche
all’esterno in un porticato, diventando l’elemento principale dello spazio
esterno. Portoghesi fa poi installare luci artificiali fuori dalla visuale dei
fedeli, posizionandole in alto e lateralmente, suscitando l’impressione che le coperture siano sospese nell’aria e, tagliando,
con una grande finestra a nastro i muri perimetrali della sala centrale, nasconde l’origine della sorgente luminosa e fa riflettere la luce sopra la lunga fascia di iscrizioni coraniche che riportano il versetto:
“Iddio è luce”. .
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Paolo Portoghesi, grande Moschea di Roma, la sala di preghiera |
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Paolo Portoghesi, grande Moschea di Roma, la sala di preghiera |
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Paolo Portoghesi, grande Moschea di Roma, la sala di preghiera |
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Guarino Guarini, chiesa di San Lorenzo, Torino, 1666-1680 |
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Paolo Portoghesi, grande Moschea di Roma, proiezione delle coperture della sala di preghiera |
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Paolo Portoghesi, grande Moschea di Roma, sezione |
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Paolo Portoghesi, grande Moschea di Roma, dettaglio sui pilastri del porticato esterno |
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Paolo Portoghesi, grande Moschea di Roma, vista esterna |
Anche la scelta dei materiali tenta di
conciliare la tradizione orientale con quella occidentale: la moschea è
rivestita in travertino, di varie tonalità per le diverse pavimentazioni,
materiale romano per eccellenza, la cui eleganza e duttilità si sposano
perfettamente con il peperino delle cornici e il laterizio delle cortine. Anche
nelle scelte dei rivestimenti interni è leggibile la sintesi culturale alla
base dell’intero progetto: la copertura della sala per la preghiera è
realizzata con una particolare applicazione di stucco ad encausto, tecnica
usata nel mondo greco-romano, mentre le pareti sono arricchite dai meravigliosi
intrecci policromi delle piastrelle maiolicate prodotte da maestranze magrebine
specializzate.
IL DECOSTRUTTIVISMO
Gli architetti che si rifanno
al decostruttivismo mettono in discussione le forme rigorose e geometriche del
movimento moderno per proporre, attraverso forme complesse e impossibili da
disegnare senza l'ausilio di programmi informatici, un collegamento tra
immagini elettroniche e costruzione. L'intento è quello di mettere in
discussione conoscenze acquisite come stabili e rappresentare la continua
trasformazione della realtà contemporanea.
MAXXI (Museo delle Arti del XXI secolo) (1998-2010)
Progetto: Zaha Hadid Limited
Lo spazio museale, inserito nell'area
della caserma Montello, si articola in otto volumi concatenati. Ospita
esposizioni e attività di sperimentazione, studio e ricerca.
Il concorso internazionale per
progettare il museo nazionale della arti del XXI secolo di Roma fu bandito nel
1998. Il cantiere iniziò invece nel 2003 e, a causa della complessità del cantiere
stesso e di altre vicende, si prolungò per sette anni. Il progetto originario
prevedeva la realizzazione dell'opera in due fasi, dove la prima prevedeva il
museo, mentre la seconda prevedeva una biblioteca e un centro di
documentazione; la seconda fase fu poi eliminata, comportando un cambiamento
del programma funzionale ed una modificazione dell'area dell'edificio, liberando
spazio utile per la vita di quartiere.
Il progetto, inserito all’interno di un
lotto a L, appoggia sulla preesistenza un nuovo oggetto architettonico dalle
linee plastiche e fluide. Elevato per 23 metri, realizza internamente 27.000 mq
di superficie che si sviluppano su tre livelli in maniera fluida, andando a
creare una rete di percorsi e spazi imperniati sull’atrio di ingresso a tutta
altezza. Gli spazi e i percorsi incitano al movimento, spingendo a scoprire le
opere, contrastando con la classicità e la neutralità del museo tradizionale.
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Zaha Hadid, MAXXI, schizzi concettuali |
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Zaha Hadid, MAXXI, concept di progetto |
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Zaha Hadid, MAXXI, vista aerea del complesso |
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Zaha Hadid, MAXXI, sala espositiva |
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Zaha Hadid, MAXXI,sala espositiva |
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Zaha Hadid, MAXXI, le scale dell'atrio di ingresso |
Suddiviso in corso d’opera in cinque
corpi strutturalmente indipendenti collegati da giunti di dilatazione per
rispondere al meglio anche alle normative antisismiche, il complesso si regge
su fondazioni a pali sui quali si poggia su un sistema di pareti portanti in
calcestruzzo autocompattante e privo di segregazione gettato in opera, ottenuto
mediante l'aggiunta di un additivo superfluidificante, un viscosizzante e un
filler calcareo. In questo modo il calcestruzzo ha saturato completamente le
casseforme e gli interstizi tra la fitta armatura garantendo sia la resa
estetica richiesta dalla faccia a vista sia il mantenimento della necessaria
portanza strutturale.
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Zaha Hadid, MAXXI, sezione trasversale |
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Zaha Hadid, MAXXI,immagini di cantiere |
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Zaha Hadid, MAXXI, immagini di cantiere |
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Zaha Hadid, MAXXI, immagini di cantiere |
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Zaha Hadid, MAXXI, immagini di cantiere - i lucernai |
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Zaha Hadid, MAXXI, immagini di cantiere - le scale |
All’interno, una serie di ponti e
passerelle unisce le diverse aree, utilizzabili in modo flessibile e senza
gerarchie; i tre livelli e l‘atrio si aprono verso la città creando un percorso
pedonale che attraversa le aree esterne del lotto e posizionando funzioni come
l’auditorium, il bookshop, la caffetteria e gli spazi dei laboratori didattici.
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Zaha Hadid, MAXXI, i percorsi pedonali |
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Zaha Hadid, MAXXI, i percorsi pedonali |
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Zaha Hadid, MAXXI, i percorsi pedonali |
Cemento, vetro, metallo e la modulazione
di bianco, nero e grigio caratterizzano il MAXXI sia all’interno che
all’esterno. I lucernari, da elemento tecnologico diventano parte importante dell’architettura garantendo un ingresso zenitale della luce
naturale, indispensabile per la funzione museale; sono realizzati in cemento
fibrorinforzato e sorretti da alte e sottili costolature in cemento che seguono,
accentuandone l’andamento, le sinuose linee delle gallerie e dell’edificio.
Integrato ai lucernari e insieme agli impianti che corrono nello spessore delle
costolature, un sistema di frangisole premette di tenere sotto controllo
l’ingresso della luce.
HIGH-TECH
Con il termine High-Tech sono individuati
molti edifici che hanno in comune la caratteristica di esibire le parti
strutturali e gli impianti tecnologici. Molto spesso, non si tratta di
costruzioni che ricorrono davvero all’uso di tecnologie all’avanguardia,
quanto, piuttosto, dell’ostentazione di materiali innovativi, di parti mobili e
autoregolanti, di trasformabilità delle destinazioni d’suo e di indipendenza
tra involucro e organizzazione interna. Un’altra accezione è invece quella caratterizzata
da un uso dei materiali tradizionali al massimo delle loro proprietà fisiche e
tecnologiche, e da dettagli estremamente ricercati, in particolare nei giunti e
nelle scelte strutturali.
AUDITORIUM
PARCO DELLA MUSICA (1995-2002)
Progetto: Renzo Piano Building Workshop
L’Auditorium Parco della Musica è un
complesso multifunzionale di Roma, realizzato per ospitare eventi musicali e
culturali di varie tipologie. Inaugurato nel 2002 si sviluppa su un’area di
55.000 m² nel quartiere Flaminio, tra la Villa Glori, la collina dei Parioli e
il Villaggio Olimpico, ed è stato progettato dall’architetto italiano Renzo
Piano.
I volumi principali del complesso sono
costituiti dalle tre sale da concerto, allocate in edifici di diverse
dimensioni, con una forma arrotondata che richiama quella di uno scarabeo e
sopraelevati rispetto al resto delle strutture del parco stesso (ambienti di
servizio, studi di registrazione, sale prove) che assumono la funzione di zona
basamentale ad un anfiteatro all’aperto (la cavea) che costituisce una quarta
sala con una capacità di 3.000 posti. Attorno all’insieme degli edifici corre
un vasto terrazzo praticabile dal quale sono visibili i resti della villa
romana venuti in luce durante la costruzione del complesso (la cui scoperta
comportò una sostanziale modifica del progetto originario di Piano), i cui
reperti sono esposti in un piccolo museo ricavato sotto la cavea.
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Renzo Piano, auditorium parco della musica, schizzo di progetto |
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Renzo Piano, auditorium parco della musica, schizzo di progetto |
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Renzo Piano, auditorium parco della musica, plaimestria generale |
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Renzo Piano, auditorium parco della musica, vista aerea |
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Renzo Piano, auditorium parco della musica, la cavea |
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Renzo Piano, auditorium parco della musica, la cavea e gli ambienti di servizio |
Renzo Piano, si è preoccupato di dotare
le tre sale di un’acustica ottimale per facilitare il controllo del suono ed
evitare dispersioni acustiche. Ogni sala è rivestita con pannelli di legno di
ciliegio (uno dei migliori legni per l'acustica) che conferisce un maggior
controllo del riverbero acustico; inoltre, mediante dei dispositivi meccanici,
è possibile adattare le sale per ogni tipo di musica, inclinando e muovendo i
singoli pannelli. La copertura delle sale impiega un modello geometrico
toroidale. La struttura portante della copertura è costituita da travi
principali composte da due o quattro archi in legno lamellare connessi da una
cerniera centrale e da una maglia reticolare mista in acciaio-legno; a questi
si agganciano le travi secondarie rettilinee anch'esse in legno lamellare.
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Renzo Piano, auditorium parco della musica, schizzo della sezione |
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Renzo Piano, auditorium parco della musica, sezione |
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Renzo Piano, auditorium parco della musica, sezione |
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Renzo Piano, auditorium parco della musica, interno di una delle sale |
I materiali usati per questo progetto
sono quelli tipici della tradizione romana; infatti è presente il travertino
per coprire le gradinate dell'anfiteatro, i foyer, e le entrate; il mattone
romano per rivestire tutte le superfici verticali; il piombo preossidato per i gusci
delle tre sale da concerto.
NUOVO CENTRO CONGRESSI (LA NUVOLA)
Progetto: Massimiliano e Doriana Fuksas (1998-2016)
Il nuovo Centro Congressi di Roma sorge nel quartiere EUR secondo il progetto dell’architetto romano Massimiliano Fuksas; è stato soprannominato la Nuvola perché costituito da un grosso parallelepipedo di cristallo trasparente al cui interno, come sospesa, si trova una sala-auditorium da 1850 posti. I collegamenti saranno assicurati da scale mobili (le più lunghe interamente sospese in Europa) e ben 17 passerelle, un’esigenza dovuta alle norme antincendio.
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Massimiliano Fuksas, nuovo centro congressi, schizzo concettuale |
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Massimiliano Fuksas, nuovo centro congressi, plastico del complesso |
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Massimiliano Fuksas, nuovo centro congressi, plastico del complesso - la nuvola |
Il progetto prevede tre elementi principali: la Nuvola, la Teca e la Lama.
La Teca è uno spazio protetto che contiene la Nuvola, ed è costituita da grandi telai aventi una luce di campata di 66 m e 39 m di altezza, posti a interasse di 33 m l’uno dall’altro, ciascuno costituito da due colonne di tipo Vierendeel e da una trave reticolare (per i telai interni) o di tipo Vierendeel (per i telai esterni). Alla struttura portante sono appese le facciate longitudinali, interna ed esterna, e trasversali. I pannelli vetrati saranno forati per un 30% della superficie, in modo da garantire l’aerazione necessaria per le scale di sicurezza e, tra le vetrate esterne e quelle interne, trovano posto i passaggi delle scale e degli ascensori per il collegamento dei piani e delle vie di fuga dalla Nuvola
Sui lati trasversali dell’edifico due piazze aperte al quartiere e alla città: una prima dialoga direttamente con il quartiere e si potrà percorrere da viale Europa a viale Shakespeare; la seconda (il concorse), modulabile a piacere con strutture mobili, accoglierà i convegnisti nelle varie sale del centro.
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Massimiliano Fuksas, nuovo centro congressi, sezione trasversale |
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Massimiliano Fuksas, nuovo centro congressi, foto notturna del cantiere |
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Massimiliano Fuksas, nuovo centro congressi, la struttura della teca |
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Massimiliano Fuksas, nuovo centro congressi, interno della teca |
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Massimiliano Fuksas, nuovo centro congressi, interno della teca |
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Massimiliano Fuksas, nuovo centro congressi, interno della teca |
La Nuvola, che costituisce la sala principale dell’auditorium, conterrà 1850 persone e composta da una struttura di travi reticolari e un guscio di lastre piane in acciaio, rivestito all’esterno da una membrana ignifuga in silicone e fibra di vetro e all’interno con listoni di legno. I servizi di supporto si svilupperanno adiacenti ad esso su cinque livelli principali, collegati da scale fisse e scale mobili, mentre nella parte interrata dell’edificio al di sotto della Nuvola si troveranno la maggior parte degli ambienti utilizzati nel centro congressi: un’autorimessa, le sale auditorium/polivalenti, le sale meeting e il concorse, uno spazio distributivo passante che mette in comunicazione gli accessi al Centro Congressi su viale Colombo e su viale Shakespeare.
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Massimiliano Fuksas, nuovo centro congressi, modello 3D della nuvola |
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Massimiliano Fuksas, nuovo centro congressi, pianta livello 1 |
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Massimiliano Fuksas, nuovo centro congressi, pianta livello 2 |
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Massimiliano Fuksas, nuovo centro congressi, schizzo della struttura della nuvola |
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Massimiliano Fuksas, nuovo centro congressi, schizzo della struttura della nuvola |
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Massimiliano Fuksas, nuovo centro congressi, la struttura della nuvola |
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Massimiliano Fuksas, nuovo centro congressi, la struttura della nuvola |
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Massimiliano Fuksas, nuovo centro congressi, rivestimento esterno della nuvola |
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Massimiliano Fuksas, nuovo centro congressi, interno della nuvola |
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Massimiliano Fuksas, nuovo centro congressi, interno della nuvola |
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Massimiliano Fuksas, nuovo centro congressi, interno dell'auditoirum |
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Massimiliano Fuksas, nuovo centro congressi, interno dell'auditorium |
La Lama è un edificio dall’altezza complessiva di 56 metri per 17 piani fuori terra, destinato ad ospitare un albergo di livello internazionale di 441 stanze, con alti standard qualitativi e prestazionali, suddivise in camere standard e in suites negli ultimi due livelli. L’ingresso principale dell’albergo avverrà da viale Europa. Dalla hall a tutta altezza lunga 20 m alla quota del piano terra, passando per la reception, si accederà a tutti i livelli dell’albergo mediante un sistema di 6 ascensori panoramici. La Lama sarà ricoperta in vetro scuro basso emissivo, così da assorbire meglio i raggi del sole di inverno e respingerli in estate. Complessivamente si prevede un abbattimento del 60% delle emissioni di CO2. Sul tetto saranno inoltre previsti circa 5000 metri quadri di pannelli fotovoltaici.
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Massimiliano Fuksas, nuovo centro congressi, vista generale del complesso |
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Massimiliano Fuksas, nuovo centro congressi, vista generale del complesso |
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Massimiliano Fuksas, nuovo centro congressi, vista notturna |
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Massimiliano Fuksas, nuovo centro congressi, vista notturna |
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Massimiliano Fuksas, nuovo centro congressi, vista notturna |
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Massimiliano Fuksas, nuovo centro congressi, interni |
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Massimiliano Fuksas, nuovo centro congressi, interni |
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Massimiliano Fuksas, nuovo centro congressi, interni |
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