L'Art Noveau


LA RISPOSTA ALL’ECLETTISMO
Per tutto l’Ottocento l’architettura, pur con motivazioni diverse, si era caratterizzata per il revival storicistico. Alla lunga, tale ossessiva applicazione di forme senza alcuna ispirazione, iniziò a mostrare la sua stanchezza. Assillata dalla produzione industriale che aveva invaso il mercato con finte colonne doriche, fregi corinzi, profili rinascimentali e pseudo capitelli, portando al livellamento verso il basso della produzione artistica e alla scomparsa della tradizione artigianale, la critica architettonica inizia a interrogarsi sul ruolo che può avere l’artigianato, in un’epoca in cui tutto può e deve essere prodotto in serie: come devono essere ridefiniti, in questa nuova prospettiva, il bello e il vero?
La domanda ha un risvolto estetico e pratico, ma soprattutto morale in quanto investe il progetto di società che si vuole realizzare, un equilibrio di valori senza i quali perde senso ogni ragionamento di edilizia o di urbanistica.
Abbandonata la grammatica degli stili, l’architettura torna così a rivolgersi ai suoi elementi costitutivi che sono il piano, il volume, la linea e il gioco delle funzioni. È la riscoperta del valore delle forme, di una storia non da copiare, ma da assimilare nei suoi principi costitutivi, ed è soprattutto nel campo della progettazione residenziale che si delinea un modo di vedere comune. Le abitazioni realizzate in questi anni, infatti, al di là di specifici aspetti stilistici, condividono le stesse preoccupazioni di onestà strutturale, di uso di materiali naturali, di integrazione nell’ambiente naturale, di articolazione volumetrica, di prevalenza per la dimensione orizzontale, di assenza di decorazioni classicheggianti. Gli interni sono liberamente disposti, senza gerarchie, con ambienti concatenati, proiettati all’esterno tramite bovindi o centrati all’interno sull’elemento simbolico del camino.


L’ART AND CRAFTS
Ancorata l’architettura alla rappresentazione di valori morali, i protagonisti di questi anni si rivolgono alla tradizione delle Arts and Crafts. (letteralmente arti e mestieri, ma in italiano generalmente chiamate arti applicate o arti decorative) definizione attribuita a quell’universo di tessuti stampati e di carta da parati, di legni intagliati e di ferri battuti, di gioielli incisi a bulino e di vetri smaltati tipici della produzione pre-industriale, ma che voleva anche essere una dichiarazione di intenti: ricostituire, attraverso l’artigianato artistico, un ideale microcosmo produttivo e quindi sociale. Nella lettura idealizzata che si era diffusa in Inghilterra già a partire dagli anni venti dell’Ottocento, la società medievale appariva, infatti, immune dai conflitti tipici del mondo industrializzato: il cantiere della cattedrale e, a una scala ridotta, la bottega dell’artigiano costituivano un modello di organizzazione del lavoro nel quale ideatori e artefici si sovrapponevano in una operosa collaborazione.

Manifesto di un'esposizione Art and Crafts
Fra coloro che a metà dell’Ottocento tentarono di riprodurre quello schema virtuoso, William Morris (1834-96) investì ogni propria energia nella rinascita dell’artigianato artistico, un’idea che condivise con il teorico dell’architetura John Ruskin, con il pittore preraffaellita Edward Coley Burne-Jones e con l’architetto Philip Webb (1831-1915). Nel suo pensiero la nuova affermazione della qualità del lavoro e dell’oggetto d’uso aveva una connotazione etico-politica e si collocava nella prospettiva di un superamento del principio capitalistico del profitto.
Insieme a Webb, Morris progettò tra il 1858 e il 1859 la propria abitazione, la Casa rossa a Bex ley Heath, nel Kent considerata, per le sue innovazioni linguistiche ed il distacco dalla tradizione, come il capolavoro che sta all'origine dell'architettura moderna.

the Red House
Concepita come un manifesto rappresentativo dei propri ideali la casa Rossa diventa il laboratorio privilegiato per sperimentare nuove modalità progettuali e produttive. Nella casa infatti la dimensione pratica deve necessariamente raccordarsi a quella estetica configurandosi come un’opera d’arte totale che partiva dagli interni (Morris lavorò insieme ad altri artisti alla realizzazione degli arredi e di tutti gli oggetti d’uso) e si rifletteva all’esterno: la pianta asimmetrica, che corrisponde a una articolazione non classica dei vani, fu disegnata dall’architetto per assolvere al meglio le funzioni abitative e tradurre in forme costruite il concetto di comfort e le facciate non costituivano più un tema a sé stante, come invece accadeva nell’architettura in stile, tipica dell’Eclettismo; sono infatti lasciate in mattoni a vista e prive di decorazioni, mentre è curata la continuità con l’architettura domestica inglese e l’integrazione con il sito.

the Red House, piante

the Red House, disegni per la copertura

the Red House, gli interni

the Red House, gli interni

Nei suoi tentativi di contrastare la produzione seriale con oggetti artigianali di qualità, il movimento delle Arts and Crafts incappò ben presto nell’insormontabile ostacolo dei costi: le lavorazioni contraddicevano le regole dell’economia industriale e, contrariamente agli scopi originari di carattere egualitario –prodotti accessibili a chiunque-, le società per le arti minori dovevano rivolgersi, per sopravvivere, al mercato del lusso, trovando paradossalmente il loro unico interlocutore nell’alta borghesia, spesso di origine industriale. Gli ideali del movimento persero così parte della loro primitiva impronta socialista -dare abitazioni decorose alla classe operaia- e si tradussero in un modo di costruire che incontrava il gusto delle classi medie emergenti e che fu adottato dai progettisti più affermati. Si affermò così quel genere di abitazioni tipico dell’ultimo Ottocento inglese con stile semplice e pianta libera, cesterni caratterizzati da coperture con spioventi molto accentuati, cornicioni sporgenti e frontoni appiattiti e con interni dai toni omogenei, mobili in legno di quercia e decorazione minima.


L'espressione Art nouveau fu utilizzata per la prima volta nel 1894 per identificare la produzione artistica di Henry van de Velde, tuttavia in quegli anni i forti sentimenti nazionalistici si rifletteranno anche sui nomi che identificheranno il nuovo stile nei vari stati: Liberty in Inghilterra, Art Noveau in Francia e Belgio, Jugendstijl in Germania, Secessione in Austria, stile floreale in Italia e Modernismo in Spagna.

L'Art Nouveau si configurò come stile ad ampio raggio, che abbracciava i più disparati campi: architettura, decorazione d'interni e urbana, gioielleria, mobilio e tessuti, utensili e oggettistica, illuminazione, arte funeraria. Il movimento si ispirò all’ideologia estetica anglosassone delle Arts and Crafts, che aveva posto l'accento sulla libera creazione dell'artigiano come unica alternativa alla meccanizzazione e alla produzione in serie di oggetti di dubbio valore estetico, ma successivamente rielaborò quei principi e cercò nell'industria un alleato piuttosto che un nemico, dando alla progettazione il ruolo di premessa indispensabile ad ogni intervento creativo ed aprendo la strada al design e all'architettura moderni. Un punto importante per la diffusione di quest'arte fu l'Esposizione Universale del 1900, svoltasi a Parigi, nella quale il nuovo stile trionfò in ogni campo. Ma il movimento si diffuse anche attraverso altri canali: la pubblicazione di riviste, soprattutto dedicate al pubblico femminile, e l'istituzione di scuole e laboratori artigianali.

Per l’architettura, questo nuovo stile internazionale, costituì un significativo elemento di rottura. Per la prima volta nel corso dell’Ottocento il riferimento non fu più agli stili del passato, che avevano variamente caratterizzato l’Eclettismo, ma alla natura e alla geometria come sorgenti di forme –in primo luogo la linea curva – che se trasferite all’architettura ne garantiscono la leggibilità da parte di tutti.
La comprensione dell’architettura, così come la intendevano i progettisti che a diverso titolo si riconobbero nell’Art Nouveau, non è tuttavia fondata sulla razionalità, ma piuttosto sull’empatia che queste forme suscitano nello spettatore. La capacità di controllo del progettista su ogni dettaglio che avrebbe contribuito a un’esperienza estetica priva di interferenze da parte del mondo esterno assunse pertanto un’importanza cruciale e molti protagonisti di questa stagione, come il belga Henry van de Velde o lo scozzese Charles Rennie Mackintosh, si dedicarono anche alle arti applicate disegnando arredi e oggetti di uso quotidiano. Alla predilezione per la produzione artigianale si associò perfino il tentativo di piegare a finalità prima di tutto estetiche anche i nuovi materiali, come ferro, ghisa, alluminio, vetro e addirittura il cemento, altrimenti associati al progresso industriale.

L’ESPERIENZA BELGA E FRANCESE
Il primo grande interprete della nuova stagione in architettura fu Victor Horta (1861-1947) che, dopo aver frequentato l’Accademia di Belle Arti di Bruxelles venne nominato nel 1892 professore di architettura nella locale università. Sempre a Bruxelles realizzò il suo primo edificio pubblico e la sua opera più incisiva, dal punto di vista architettonico e sociale la Maison du Peuple (Casa del Popolo) edificata tra il 1896 e il 1898 per il partito socialista belga -il progettista era infatti vicino alle posizioni del socialismo riformista e intendeva contribuire attraverso il proprio lavoro alla sua affermazione.
Maison du peuple, la facciata in una foto d'epoca

Maison du peuple, la facciata in una foto d'epoca
In questo edificio (demolito nel 1965), che ben riflette i cardini dell’architettura di Horta, le strutture in ferro e vetro vengono esibite, sia in facciata sia negli interni, come materiali di per sé legati alla società industriale e quindi al progresso materiale. La facciata, che riporta sul coronamento in ferro le parole d’ordine e i nomi degli eroi del socialismo, alterna concavità e convessità per adattarsi all’andamento della strada ed è quasi interamente vetrata: una scelta che proclama nei fatti come aria e luce siano un diritto di tutti. La Maison du Peuple ospitava, inoltre, un grande caffè e un auditorium da duemila posti, rispettivamente a piano terra e all’ultimo piano, che nella loro spazialità monumentale e nella valenza scultorea assegnata alle strutture, materializzano l’intenzione di edificare una cattedrale laica, la cui missione era di mettere a disposizione di ciascuno il progresso estetico e tecnico.

Maison du peuple, sezione

Maison du peuple, dettaglio della facciata 

Maison du peuple, dettaglio della soluziome d'angolo

Maison du peuple, la scala d'ingresso

Maison du peuple, la scala interna

Maison du peuple, la sala da caffè

Maison du peuple, l'auditorium

La cultura dell’Art Nouveau arrivò in Francia direttamente dal Belgio e il suo più originale esponente in architettura fu Hector Guimard che, fortemente suggestionato dal razionalismo neogotico e dall’attenzione agli aspetti strutturali di Viollet-le-Duc, realizzò gli accessi delle 141 stazioni della metropolitana parigina, molti dei quali ancora oggi in uso e caratterizzati da forme ricavate dal mondo vegetale; sicuramente tra le sue opere più conosciute. Tutti i principali elementi strutturali - pensiline, balaustre e lampioni- sono in ghisa, vetro e ceramica e tutti prefabbricati in modo da poterli usare in differenti combinazioni nelle diverse stazioni.


Hector Guimard, pensilina della metropolitana di Parigi 

Hector Guimard, pensilina della metropolitana di Parigi

Hector Guimard, pensilina della metropolitana di Parigi, dettaglio dei lampioni

Hector Guimard, elemento prefabbricato in ghisa
L’applicazione del nuovo linguaggio artistico a un ambiente popolare come gli ingressi della metropolitana contribuì enormemente alla diffusione in Francia dell’Art Noveau che venne ribattezzata style Métro.

Nel clima parigino dell’Art Nouveau vennero tuttavia realizzati anche i primi edifici d’abitazione con struttura in cemento armato. Pioniere dell’applicazione della nuova tecnica fu Auguste Perret (1874-1954), architetto e imprenditore edile. La volontà di spostare l’attenzione dalle questioni di stile alle questioni strutturali e costruttive è evidente nel suo capolavoro: la Casa ad appartamenti di Rue de Franklin (1903), la cui forza risiede nella dimostrazione delle immense possibilità offerte dalla nuova tecnica. A causa delle limitate dimensioni del lotto, infatti, tutto l’edificio è proiettato verso la luce grazie a una rientranza nel prospetto pubblico e questa soluzione, insieme alla massimizzazione delle superfici finestrate, fu resa possibile proprio dall’uso della struttura a scheletro in cemento armato, che consentiva anche il massimo sfruttamento dei ridotti spazi interni, dal momento che eliminava la necessità di spessi muri portanti. La presenza di decorazioni floreali, che segnalano l’influenza dell’Art Nouveau, è accessoria e resta nettamente distinta dalla struttura che è invece rivestita con listelli lisci di ceramica.

casa d'appartamenti in Rue Franklin, facciata

casa d'appartamenti in Rue Franklin, pianta

casa d'appartamenti in Rue Franklin, dettaglio della facciata

casa d'appartamenti in Rue Franklin, dettaglio del rivestimento
Tra il 1908 e il 1909 il ventunenne Le Corbusier lavora come disegnatore presso il suo studio che, nel frattempo, è diventato uno dei principali punti di diffusione della costruzione in cemento armato in Francia. L’esperienza lo segnerà profondamente, imponendogli una radicale riflessione che lo condurrà, negli anni venti, a tradurre in precetti estetici le possibilità offerte dalla nuova tecnica: nasceranno i cinque punti dell’architettura moderna.

LA GLASOW SCHOOL OF ART
Nel mondo anglosassone il rinnovamento della progettazione passò soprattutto attraverso l’architettura domestica. La ricerca sui caratteri storici della casa di campagna inglese aveva portato alla valorizzazione dei materiali tradizionali (legno, pietra, mattone a vista) e alla rivisitazione di elementi legati agli usi locali (portico, tetto a falde ripide). Tra gli architetti influenzati da questa riscoperta fu Charles Rennie Mackintosh (1868-1928), la cui fama è legata all’ampliamento della Glasgow School of Art (“Scuola d’arte di Glasgow”), dove lavorò come insegnante. Il progetto, realizzato in due fasi (1896-97 e 1907-08), combina tradizione e novità in una brillante sintesi legata all’idea tipicamente Art Nouveau di assimilare l’edificio a un’opera d’arte totale, dove ogni dettaglio è disegnato dall’architetto e dove nella concezione degli spazi è cruciale lo studio dell’illuminazione naturale.

Glasgow School of art, facciata principale



Glasgow School of art, dettaglio sull'ingresso

Glasgow School of art, facciata ovest

Glasgow School of art, lampione

Glasgow School of art, la biblioteca
Charles Rennie Mackintosh, sedia

Charles Rennie Mackintosh, poltrona

Charles Rennie Mackintosh, credenza
Il progetto colpisce per la semplicità e la funzionalità degli spazi interni, la cura del dettaglio e per l’introduzione di accorgimenti tecnici moderni quali il riscaldamento e la ventilazione forzata. È caratterizzato da un elegante prospetto in cui pietra e vetro si alternano in un raffinato gioco tra simmetria e asimmetria, tra matericità e trasparenza. I valori plastici sono rafforzati da alcuni calibrati aggetti: il bow window della guardiola e del bagno del secondo piano e, infine, la torretta. Il balcone, che lega questi partiti, sottolinea l’ingresso all’edificio e determina una cesura visiva rispetto alla verticalità delle sequenze chiaroscurali per controbilanciarle lungo l’orizzontale.
Con i suoi massicci muri in pietra su cui si innestano stretti corpi finestrati in aggetto, ai quali si alternano le grandi vetrate delle aule, la scuola divenne subito il manifesto di un’architettura che riusciva a essere innovativa e insieme a rivendicare la propria appartenenza a una tradizione locale, evocata nei materiali così come nelle forme dell’edificio.

L’ARCHITETTURA DI FINE SECOLO IN CATALOGNA E IN OLANDA
Un personaggio di grande autonomia e originalità all’interno del panorama dell’architettura di fine secolo è il catalano Antoni Gaudí (1852-1926); attivo essenzialmente nell’area di Barcellona, fu l’ideatore di un’architettura fantastica e intensamente espressiva nella quale convivono arte, poesia, industria e artigianato e le forme sono caricate di un’inimitabile esuberanza scultorea.
La sua è una ricerca orientata verso tre poli: della verità strutturale, della perizia artigianale, dell’apertura simbolica. Della verità strutturale perché è il solo modo intelligente per mettere insieme i materiali, per farli lavorare secondo le loro reali caratteristiche. Della perizia artigianale perché è il lavoro dell’uomo che rende gli oggetti degni di attenzione e, umanizzandoli, li trasforma in beni. Ecco il motivo per cui adopererà materiali poverissimi, quali pezzi di mattonelle, mattoni mal cotti, pietre spezzate: più la valorizzazione è difficile, più il lavoro è meritorio. Dell’apertura simbolica, perché nulla ha senso se esprime solo se stesso, se non si collega ad altro e, in particolare, al trascendente –Gaudì era un devoto credente e di recente si è avviato il processo per la sua beatificazione. È nella sovrabbondanza dei significati, che trionfa la ricchezza del creato. Motivo per il quale una chiesa può assomigliare ad un termitaio e a una cattedrale gotica allo stesso tempo.
La sua scatenata fantasia spaziale che si manifesta già dalle prime opere. Il Palazzo Güell a Barcellona (1888), liberamente ispirato all’architettura medievale, si svolge intorno a un prodigioso vuoto centrale, la casa Battlò (1904-1907) è rivestita da incrostazioni di mosaici e maioliche colorate fino al coronamento, realizzato con tegole di ceramica vetrificata colorata mentre la casa Milá presenta facciate caratterizzate da concavità e convessità che richiamano un rilievo roccioso (da qui la denominazione di Pedrera, “cava di pietra”, con cui è nota).

Casa Battlo, facciata

casa Battlo, dettaglio della facciata

casa Battlo, dettaglio della copertura

casa Battlo, dettaglio della copertura

Casa Milà, facciata

casa Milà, dettaglio della facciata

casa Milà, i comignoli in copertura

casa Milà, le corti interne

casa Milà, le corti interne

Ogni dettaglio è subordinato all’ottenimento di un effetto plastico: dal ruvido bugnato della parete ai pesanti pilastri in pietra, alle balaustre in ferro. Asimmetria e irregolarità dominano le piante degli appartamenti, che sono uno diverso dall’altro per forma, dimensioni e orientamento dei locali. Alla sommità dell’edificio, il tetto adibito a terrazza è animato dalla varietà dei comignoli scultorei che vagamente ricordano i giochi elicoidali della cupola di Sant’Ivo di Borromini. Arcaica sino al paradosso è, infine, la chiesa della Sagrada Famiglia (iniziata nel 1883, ma la cui costruzione è ancora in corso, come in un immenso cantiere medioevale) che propone ancora una volta l’originale commistione d’influenze neogotiche e moderniste che caratterizzano l’opera dell’architetto.  Esasperante, eccessiva, certo fuori misura nella sua fusione di architettura e scultura, la cattedrale esplora nuove possibilità simboliche che aggrediscono il nostro sistema di valori con un potere comunicativo che di rado le opere di architettura riescono a raggiungere.

La Sagrada Famiglia

la Sagrada Famiglia, dettaglio della facciata

la Sagrada Famiglia, interno della facciata


la Sagrada Famiglia, volta della navata

la Sagrada Famiglia, vista dall'alto

Contemporaneo di Gaudí è l’olandese Hendrik Petrus Berlage (1856-1934) che concentrò la propria ricerca sugli aspetti costruttivi e sulle qualità dei materiali avviando il rinnovamento dell’architettura dei paesi bassi. L’architettura più nota della sua lunga carriera professionale è la Sede della Borsa di Amsterdam (1898-1903). Realizzata sull’asse centrale della città storica, l’imponente costruzione è l’esito finale di una, serie di progetti che si susseguirono per più di dieci anni.

sede della Borsa di Amsterdam, facciata principale

sede della Borsa di Amsterdam, vista sulla torre d'angolo 
sede della Borsa di Amsterdam, vista aerea



sede della Borsa di Amsterdam, gli interni
L’ininterrotta cortina muraria dominata dal rosso caldo del mattone, la torre dell’orologio che funge da snodo plastico, le finestrature a più luci, le aperture ad arco segnate dalla pietra chiara, le decorazioni sono ridotte al minimo e sostituite dai mattoni colorati che si alternano a comuni mattoni lasciati a vista e dai giochi chiaroscurali dei vuoti delle logge e dei parapetti richiamano e insieme rivisitano la tradizione locale. Berlage volle rendere ben distinguibili le parti di cui l’edificio si compone e leggibili le sue strutture portanti: per questo pose l’enfasi sulle massicce murature, esaltandone la continuità e sottolineando per contrasto gli altri elementi strutturali, come gli architravi delle finestre o le capriate in ferro che reggono l’ardita copertura vetrata della sala di contrattazione.

AUSTRIA: LA SECESSIONE VIENNESE
Si tratta di un Movimento diverso da quello belga che attinge dalla tradizione classica, che non si discosta mai  troppo  dagli  schemi compositivi tradizionali, simmetrici e bloccati. La novità stilistica si riduce all’applicazione di elementi decorativi dichiaratamente Art Nouveau su impianti volumetrici di chiara matrice neoclassica.

OTTO WAGNER, JOSEF HOFFMAN, JOSEPH MARIA OLBRICH
Dopo una prima fase classica, a partire dal 1894, con un rapido mutamento di fronte, Wagner si fa affascinare dall’Art Nouveau e ne sperimenterà le possibilità negli edifici della metropolitana di Vienna tra il 1894 e il 1901. Sebbene ancora caratterizzata da una certa simmetria e rigidezza planimetrica, la nuova architettura proposta da Wagner, fonde l’estetica con la funzionalità e presenta molte innovazioni compositive, come le ampie superfici vetrate, l'uso di nuovi materiali (alluminio, vetro, gomma) e della decorazione quali elementi di rinnovamento del repertorio tradizionale; il suo capolavoro è la Cassa di Risparmio Postale a Vienna, realizzato tra il 1903 e il 1912. Si caratterizza per il rivestimento denunciato come tale mediante bulloni a vista che fissano le lastre in pietra, per raffinati dettagli costruttivi di vago sapore macchinista e per una poetica degli spazi sobri, misurati, luminosi.

Otto Wagner, sede della Cassa di risparmio postale, facciata

Otto Wagner, sede della Cassa di risparmio postale, dettaglio della facciata

Otto Wagner, sede della Cassa di risparmio postale, dettaglio della facciata

Otto Wagner, sede della Cassa di risparmio postale, salone delle casse


Otto Wagner, sede della Cassa di risparmio postale, salone delle casse

Otto Wagner, sede della Cassa di risparmio postale, salone delle casse -dettaglio dell'illuminazione
Otto Wagner, sede della Cassa di risparmio postale, salone delle casse -calorifero

Josef Hoffmann prosegue la strada del maestro verso la conciliazione tra forme nuove e motivi della tradizione classica. La sua opera più riuscita è il Palazzo Stoclet, dove però introduce una sperimentazione autenticamente moderna: l’edificio è sorprendentemente dinamico sia lungo l’orizzontale, grazie alla libera conformazione della pianta, sia lungo le verticali, grazie a una vibrante articolazione volumetrica che culmina con la caratteristica torre. Palazzo Stoclet sarà anche un’officina in cui lavoreranno i più importanti artisti della secessione: Klimt, Moser, Czeschka, Metzner, Minne, Knhopff.

Josef Hoffmann, palazzo Stoclet, pianta del piano terra

Josef Hoffmann, palazzo Stoclet, vista

Josef Hoffmann, palazzo Stoclet, vista

Josef Hoffmann, palazzo Stoclet, ingresso

Josef Hoffmann, palazzo Stoclet, foto d'epoca degli interni

Josef Hoffmann, palazzo Stoclet, la sala da pranzo

È Joseph Maria Olbrich, l’altro grande discepolo di Wagner, che con passione e felicità figurativa si muove con maggiore coerenza in direzione del rinnovamento delle arti e di una nuova stagione espressiva. Responsabile, per conto di Wagner, dei lavori della metropolitana viennese, fonda nel 1897 con Hoffmann, Koloman Moser e Gustav Klimt l’associazione d’artisti della Secessione viennese e tra il 1897 e il 1898 ne realizza la sede: un volume cubiforme alla cui pesantezza si contrappone una leggerissima cupola in lamine dorate.


Joseph Olbrich, palazzo della Secessione, vista

Joseph Olbrich, palazzo della Secessione, facciata principale

Joseph Olbrich, palazzo della Secessione, dettaglio della facciata

Joseph Olbrich, palazzo della Secessione, dettaglio della facciata 
Joseph Olbrich, palazzo della Secessione, salone del fregio di Beethoven, foto d'epoca



Joseph Olbrich, palazzo della Secessione, salone del fregio di Beethoven, oggi

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