Il Barocco - parte seconda

Le grandi realizzazioni urbane e il dominio dell’architettura sul paesaggio

Ancora nel Quattrocento le più estese città d’Europa non erano le capitali, bensì i grandi centri manifatturieri e commerciali, dove si registrava una maggiore concentrazione demografica. Nel Cinquecento, durante una fase di sviluppo economico generale, le capitali crebbero di pari passo con le grandi città commerciali, a volte con un ritmo addirittura superiore, fino a diventare, nel corso del XVII secolo, le prime vere megalopoli del continente. Questo cambiamento di scala rese necessaria una complessa attività di ristrutturazione urbanistica che considerasse a un tempo la pressione demografica, le necessità di difesa militare, l’organizzazione funzionale dei servizi amministrativi, ma anche, e soprattutto, le esigenze di rappresentazione del potere assoluto del monarca.
Infatti, se da un lato queste trasformazioni trovano giustificazione nella centralizzazione dell’amministrazione dello Stato dall'altro c’è anche la necessità di adeguarsi ad un nuovo e fastoso cerimoniale di corte e alla diffusione dell’uso della carrozza per gli spostamenti; le vie, le piazze, le strade, i piazzali delle residenze sono quindi concepiti come scenografie che devono essere visti da osservatori in movimento. In funzione di ciò possiamo riconoscere alcuni tratti comuni in tutte le trasformazioni urbane:

         la concentrazione degli edifici amministrativi, spesso disposti in palazzate uniformi, in       prossimità del palazzo reale;

         la rettificazione delle vie di collegamento del palazzo reale con le porte principali della città, talvolta accompagnata da una ristrutturazione con un disegno unitario delle facciate;

        la realizzazione di nuove piazze dal disegno regolare e sulle quali affacciano palazzi dal disegno architettonico uniforme unitario;

       le prospettive a perdita d’occhio dei lunghi viali che si dipartono dalle porte verso le principali direzioni e verso le residenze extraurbane dei sovrani.

L’architettura barocca, ebbe infatti, una diversa concezione degli spazi urbani e dell’urbanistica instaurando un rapporto del tutto nuovo tra edifici e spazi urbani. Gli ambiti cittadini vennero considerati alla stregua di spazi teatrali e le facciate degli edifici diventarono le quinte di uno spazio scenico, ma soprattutto cambiò l’atteggiamento della tecnica di intervento urbano.

L’edificio rinascimentale aveva un principio di regolarità geometrica che doveva imporsi sugli spazi circostanti, i quali dovevano loro adattarsi all'edificio, e non viceversa e, salvo rare eccezioni, alla fine apparve evidente quanto fosse pretestuosa e difficilmente perseguibile una simile aspettativa. Gli architetti barocchi, abbandonando le regolari geometrie preferite dagli architetti rinascimentali e l’utopia della città perfetta, piuttosto che modificare gli spazi urbani in funzione dell’edificio che andavano a progettare, preferirono adattare quest’ultimo al contesto, inserendolo senza forzature eccessive. Le città, in cui si trovarono ad operare erano in larga parte formate e modificate nel medioevo e, tranne parti ben limitate, avevano per lo più forme irregolari. L’architetto barocco, senza nessuna pretesa di regolarizzare l’irregolare, sfruttò anzi tale complessità morfologica per ottenere spazi urbani più mossi e ricchi di scorci suggestivi. L’architettura barocca finì così per modificare l’aspetto delle città, e la sua stessa struttura molto di più di quanto avessero fatto gli architetti precedenti, sovrapponendo, in molti casi, quella barocca alle forme precedenti. Ma gli spazi urbani non si compongono solo di edifici. In essi vi sono fontane, scalinate, monumenti ed altro, che arricchiscono questi spazi di altre presenze significative. Ed il barocco dedicò notevole attenzione anche a questi elementi di arredo urbano. A Roma, la Fontana di Trevi e la scalinata di Trinità dei Monti, sono solo due tra gli esempi più noti.

Fontana di Trevi, Roma, 1732-1762

La Roma di Sisto V
Il primo grande piano barocco di trasformazione urbana fu probabilmente quello che l'architetto Domenico Fontana disegnò per il Papa Sisto V a Roma: una rete di strade rettilinee che collegavano le principali basiliche, i cui fulcri erano segnati con piazze e resi visibili da lontano con obelischi recuperati dalle rovine romane e che si concluse con la realizzazione del colonnato di Piazza San Pietro.
Sisto V fu uno dei Papi più importanti del XVI secolo. Nonostante la breve durata del suo pontificato (appena cinque anni dal 1585 al 1590), riuscì a dare uno straordinario impulso alla riorganizzazione sociale ed economica dello Stato pontificio, culminante in un radicale ridisegno in chiave moderna di tutta la struttura urbana di Roma che divenne un imprescindibile punto di partenza anche per gran parte degli interventi urbanistici dei secoli a venire.
Grazie alla collaborazione dell’architetto e ingegnere Domenico Fontana (1543-1607), attivissimo esecutore delle scelte papali, Sisto V riprende e potenzia molti degli interventi già in parte iniziati da alcuni suoi predecessori. Egli, fra l’altro, decide la nuova lastricatura di quasi tutta la città e una più efficiente regimentazione delle acque, accrescendo la portata degli acquedotti preesistenti e potenziando nel contempo le reti fognarie di smaltimento. In questo quadro assume grande rilievo la realizzazione dell’Acquedotto Felice (dal nome di battesimo del papa che si snoda lungo un tracciato di circa trenta kilometri, dalle fonti di Pantano de’ Glifi (nella campagna a Est di Roma), fino ai quartieri più alti della città (Esquilino, Quirinale, Viminale), rifornendo anche le fontane del parco intorno alla villa che il papa possedeva presso le Terme di Diocleziano.

Fontana del Mosè, mostra terminale dell'acquedotto Felice (Giovanni e Domenico Fontana), 1585-1589 
Sul piano più specificatamente urbano Sisto V ordina il completamento e il tracciamento ex novo di alcuni grandiosi assi viari rettilinei, grazie ai quali intendeva collegare fra loro le principali basiliche della città. A tal fine egli pose come nodo centrale dell’intero sistema la Basilica di Santa Maria Maggiore, con l’evidente finalità di controbilanciare sul versante Sud-orientale della città la presenza – a Nord-Ovest – della gigantesca Basilica vaticana. Da piazza dell’Esquilino, sul fronte absidale di Santa Maria Maggiore, viene così tracciato il primo tratto della cosiddetta Strada Felice fino alla Chiesa di Trinità dei Monti. Da piazza Santa Maria Maggiore, invece, si diparte il secondo rettifilo della Strada Felice, che giunge fino alla Basilica di Santa Croce in Gerusalemme, a ridosso delle mura Aureliane. Sempre dalla piazza antistante alla Basilica di Santa Maria Maggiore si diparte anche via Merulana, che conduce in linea retta alla Basilica di San Giovanni in Laterano. Da qui prendeva le mosse il cosiddetto Stradone (ora via di San Giovanni in Laterano) che giunge fino al Colosseo, nella faraonica ipotesi – poi non realizzata– di prolungarne l’asse attraverso i Fori, addirittura fino a giungere alla Basilica di San Pietro. Conclude la stella di stradela caratteristica via Panisperna, che scende ripidamente verso la centralissima piazzaVenezia. Un altro asse rettilineo, infine, viene aggiunto risistemando la strada Pia(oggi via XX Settembre e via del Quirinale), al fine di potenziare il raccordo tra Porta Pia, l’ingresso Nord-orientale all’Urbe, e il palazzo papale del Quirinale.

Veduta della Roma di Sisto V , (anonimo romano), 1589,1590 biblioteca apostolica vaticana, Città del Vaticano

Schema del piano per Roma di Sisto V
Per sottolineare la funzione di scenografici cannocchiali prospettici, unendo simbolicamente luoghi della città anche molto distanti tra loro, Sisto V fa erigere ben quattro grandiosi obelischi. Essi giganteggiano in piazza San Pietro (1586), in piazza dell'Esquilino (1587), in piazza San Giovanni in Laterano (1588) e in piazza del Popolo (1589).Lo svettare di questi snelli colossi di pietra assume il duplice significato urbanistico di straordinaria emergenza monumentale e religioso di trionfo della Controriforma su uno dei simboli più classici della paganità. (Sulle trasformazioni della Roma rinascimentale e barocca puoi avere maggiori informazioni da questo video)

cronologia degli obelischi di Roma
Il modello della monarchia francese: la reggia di Versailles (1623-1682)
La Francia fu il paese dove si manifestò con maggior linearità e chiarezza quel processo di accentramento dei poteri nelle mani del sovrano e di progressivo svuotamento dei vecchi organismi feudali che portò alla fondazione dello stato moderno. Quando Luigi XIV assunse il potere nel 1661, infatti, non fece che affrettare un processo già in corso, combinandolo con una sempre maggiore tendenza al governo personale («Lo stato sono io», affermava). In questo quadro l’assolutismo si arricchì di nuove strategie, molte delle quali passavano attraverso un più stretto controllo della cultura e l’utilizzo delle arti come strumento di celebrazione dell’autorità e della potenza del sovrano. Parigi divenne così il prototipo di una nuova stagione artistica, nella quale lo spazio urbano era chiamato ad assecondare l’ostentazione del potere regio, divenendo un modello per le altre capitali europee: da Vienna a Madrid, da Praga a Caserta.
Luigi XIV orientò l’espansione della capitale disponendo la creazione dei grandi boulevards e la demolizione dei vecchi bastioni murati ed edificando nuovi lungofiume (quais) e nuovi quartieri. Ma la città era uno spazio ormai troppo limitato per ospitare il simbolo più grandioso dell’autorità del Re Sole che decise di trasferire la corte e gran parte dell’amministrazione dello Stato, dal palazzo del Louvre in una nuova residenza extraurbana a Versailles, che avrebbe dovuto essere ineguagliabile per grandezza e splendore.
La vicina Versailles, infatti, non imponeva nessun vincolo e offriva vaste estensioni libere; così nel 1661 Luigi XIV affidò all'architetto Louis Le Vau la trasformazione dell’antico castello in splendida residenza per la corte. L’originaria pianta rettangolare fu sostituita da una pianta a U, le cui braccia laterali disegnano tre corti (la Corte dei ministri, la Corte reale e la Corte dei marmi) che vanno restringendosi verso l’ingresso della reggia sulla facciata principale.

il castello di Versailles nel 1668, dipinto di Pierre Patel
Realizzata in stile tardobarocco, quest’ultima è composta da un avancorpo centrale che si sviluppa su tre piani: quello terreno presenta tre ampi finestroni divisi da una serie di colonne binate, sulle quali poggia la balconata del piano nobile; al piano più alto, tre finestre con balaustra sono sormontate da un fregio decorativo (il fastigio) che include un orologio. 

Reggia di Versailles, la facciata sulla Corte Reale

Reggia di Versailles, la facciata sulla Corte dei marmi
Nel 1678 il monarca decise di ingrandire nuovamente la già vasta residenza, così da potervi ospitare anche i servizi di stato e l’apparato governativo. La soprintendenza ai lavori fu affidata a Jules Hardouin Mansart, architetto reale, il quale creò due ampie ali laterali a fianco del corpo di fabbrica centrale, comprendenti un teatro, una cappella, ambienti di lavoro e locali di servizio, come il padiglione dell’Orangerie destinato ad accogliere le piante di agrumi ed esotiche nei mesi invernali.
L'ampliamento della Reggia di Versailles con le nuove ali laterali. In verde la galleria degli specchi, in giallo la cappella e in azzurro il teatro di corte
Reggia di Versailles, la "galleria degli specchi" 
Reggia di Versailles, esterno della cappella reale



Reggia di Versailles, interno della cappella reale 
Reggia di Versailles, interno del teatro di corte


Reggia di Versailles, la camera da letto della Regina
L’elegante e imponente facciata verso il giardino e il parco, realizzati da André Le Nôtre a partire dal 1661 e modellata sulla nuova estetica barocca, riprende il motivo delle finestre fiancheggiate da colonne binate e presenta un avancorpo centrale e due laterali. Essa si affaccia su una serie di terrazze digradanti decorate con fontane, specchi d’acqua e aiuole con statue, seguiti da un folto parco tagliato da un grande canale, che appare come un proseguimento del viale mediano.


pianta generale di Versailles, Jean Delagrives, 1746

Reggia di Versailles, la facciata verso il parco

Reggia di Versailles, vista aerea sulla facciata verso il parco. Si notano i viali di accesso alla reggia
foto aerea sul parco della Reggia di Versailles
Il visitatore è immerso in uno spazio vastissimo, dove i numerosi percorsi si intrecciano disorientandolo e sorprendendolo e dove la natura “artificiale”, lavorata dall’uomo, cede progressivamente il passo alla vegetazione spontanea. La costruzione del complesso si svolse in un periodo di tempo che vide il passaggio dal carattere monumentale del Barocco alla leggerezza e alla grazia del  Rococò; soprattutto l’interno della reggia si ispira a questo nuovo stile decorativo e ornamentale con susseguirsi di ambienti impreziositi da affreschi, arredi e oggetti preziosi: uno degli ambienti più celebri e spettacolari è la notissima Galleria degli specchi, lunga settantatré metri e sfarzosamente scandita da una successione di specchi nei quali si riflettono gli angoli del parco, visibile anche dalle finestre prospicienti.

Un tipico esempio di reggia settecentesca: la Palazzina di Stupinigi (1729-1731)
Nella campagna torinese l’architetto Filippo Juvarra costruì fra il 1729 e il 1731 la Palazzina di caccia di Stupinigi: luogo di svago per Vittorio Amedeo II di Savoia e per la sua corte. Essa risente fortemente, data anche la contiguità geografica, delle influenze del Rococò francese nella moderna e funzionale distribuzione degli spazi e nella decorazione degli interni, e appare modellata sull’esempio delle residenze extraurbane immerse in parchi e giardini, come quella di Versailles. Il nucleo centrale è rappresentato da un edificio a pianta ovale dal quale si dipartono quattro bracci proiettati nel paesaggio a formare una croce di sant’Andrea.


Palazzina di caccia di Stupinigi, vista aerea

Palazzina di caccia di Stupinigi, vista aerea verso il parco

Questo nucleo costituisce il punto focale di un progetto ben più vasto e articolato: esso infatti è preceduto da una corte d’onore dal perimetro mistilineo, che s’innesta armonicamente nell’ambiente naturale e per gradi conduce al palazzetto vero e proprio. Lungo il profilo di questa corte d’accesso sono situate file ininterrotte di costruzioni adibite a servizi, disposte in modo da formare due piazze a ottagono di diversa ampiezza.


palazzina di caccia di Stupinigi, pianta del piano primo

Palazzina di caccia di Stupinigi, la palazzina centrale
All’interno della Palazzina l’impianto del grande salone, attorno al quale si dispongono stanze e salottini, costituisce un trionfo del Rococò, per la scelta degli arredi e per la ricca decorazione a stucchi e pitture,gli uni e l’altra progettati in parte dallo stesso Juvarra. All’esterno, il trattamento della muratura, scandita da piatte lesene nettamente profilate e alleggerita dalle numerose aperture delle finestre, ribadisce il carattere raffinato e intimo dell’edificio e il suo rapporto di sottile compenetrazione con la natura circostante.


palazzina di caccia di Stupinigi, il salone d'onore


palazzina di caccia id Stupinigi, la balconata del salone d'onore
palazzina di caccia id Stupinigi, "il trionfo di Diana" sulla volta del salone d'onore

A Napoli il tema delle ristrutturazioni urbanistiche divenne oggetto di attenzione solo a partire dal quarto decennio del Settecento, allorché la corte borbonica inaugurò un ambizioso piano di interventi nella capitale del regno. Ne derivò un forte sviluppo edilizio orientato alla realizzazione di opere pubbliche, edifici ecclesiastici, ma soprattutto alla creazione di nuove residenze per la corte, prima fra tutte la Reggia di Caserta, all’insegna di una spiccata razionalità.
Il progetto borbonico di ristrutturazione di Caserta Carlo di Borbone affidò a Luigi Vanvitelli la realizzazione della più imponente tra le sue imprese: una residenza reale a Caserta, che nelle intenzioni del sovrano avrebbe dovuto essere il centro di una nuova, regolarissima città ideale, sede della corte, degli uffici amministrativi, dell’esercito e di istituzioni culturali e artistiche. Nei progetti presentati nel 1751 dall’architetto il palazzo diventa infatti il perno di un sistema che, da un lato, si dilata nell’immenso parco e, dall’altro, prevede lo sviluppo della città entro quadrati regolari, definiti dalle vie che simmetricamente si dipartono dal cortile ovale che precede la reggia stessa. L’arteria centrale conduce a Napoli e si propone come continuazione dell’asse del palazzo e del giardino.


dichiarazione dei disegni del Real Palazzo di Caserta, Luigi Vanvitelli, 1756 -vista sulla facciata principale

dichiarazione dei disegni del Real Palazzo di Caserta, Luigi Vanvitelli, 1756 -vista sul parco verso la città
Dell’ambizioso progetto furono realizzati soltanto il parco e la reggia, che si innesta nella tradizione delle grandiose residenze reali dell’età dell’assolutismo inaugurata da Versailles. La Reggia di Caserta si distingue tuttavia per un’organizzazione più serrata e geometrica, che riflette i desideri del committente e soprattutto la rigorosa e lucida impostazione dell’architetto. L’edificio è un grandioso blocco rettangolare che ingloba quattro cortili uguali, definiti da due bracci che si incrociano perpendicolarmente formando al centro un ampio vano ottagono su due piani. Al regolare impianto planimetrico corrisponde un altrettanto rigorosa distribuzione degli interni, che contiene però eccezioni sorprendenti come la sfarzosa Cappella palatina, dalla volta a cassettoni, o il teatro di corte. Nella purezza formale e nello stile sobrio e pacato della reggia vanvitelliana si è spesso voluto vedere un’anticipazione del Neoclassicismo.


reggia di Caserta, vista aerea

Reggia di Caserta, la facciata princiaple

Reggia di Caserta, pianta del piano primo
Tuttavia, ritroviamo il gusto un gusto rococò nel prevalere dell’impostazione scenografica, ben evidente nella decorazione della Cappella, nei vestiboli ottagonali che ritmano il portico centrale, nelle gallerie prospettiche dalle quali si aprono vedute in varie direzioni e nel maestoso Scalone d’onore che collega i due piani della rotonda centrale.


Reggia di Caserta, i cortili interni

Reggia di Caserta, gli archi dei vestiboli ottagonali

Reggia di Caserta, le gallerie prospettiche

Reggia di Caserta, lo scalone d'onore
Il parco si propone come una delle ultime interpretazioni della grandiosa e scenografica tipologia del giardino barocco, del quale conserva in primo luogo la concezione di un paesaggio infinito, organizzato intorno a un asse centrale dominante a cui la reggia fa da sfondo. Il sistema delle residenze reali e delle ville di caccia produsse, infatti, una forte modificazione del paesaggio: i viali, le zone boscose, i campi e i prati aperti formavano sul territorio come un grande disegno geometrico che poteva essere visto anche dalle alture: il segno visibile del domino della corte e della sua vanità sulla natura.


vista aerea del parco reale della Reggia di Caserta
il tracciato dell'acquedotto carolino, in un mappa del 1826

L'acquedotto Carolino è l'acquedotto nato per fornireanche l'apporto idrico alla Reggia di Caserta, prelevando l'acqua alle falde del monte Taburno, nel territorio di Bucciano (BN), e trasportandola lungo un tracciato che si snoda, per lo più interrato, per una lunghezza di 38 chilometri. L'opera, iniziata nel 1753 ha richiesto 16 anni di lavori e venne riconosciuta come una delle opere di maggiore interesse architettonico e ingegneristico del XVIII secolo. 

il ponte dell'acquedotto carolino nella valle di Maddaoloni
Di particolare pregio architettonico e dal 1997 patrimonio mondiale dell'UNESCO  è il ponte, a tutt'oggi perfettamente conservato, che attraversando la Valle di Maddaloni congiunge il monte Longano (ad est) con il monte Garzano (ad ovest). Tale costruzione, si innalza con una possente struttura in tufo a tre ordini di arcate poggianti su 44 piloni a pianta quadrata, per una lunghezza di 529 m e con un'altezza massima di 55,80 m, sul modello degli acquedotti romani. Al momento della costruzione fu il ponte più lungo d'Europa.
L’attuale conformazione del parco mostra alcune variazioni rispetto al progetto originario: l’interesse di Vanvitelli – e del figlio Carlo, che ne continuò l’opera – venne sempre più concentrandosi sull’imponente strada-fiume (rifornita dal nuovo acquedotto carolino realizzato dallo stesso Vanvitelli) che discende sotto forma di cascata dalla collina di Briano e definisce l’asse principale del parco, in una successione di suggestive fontane ornate di gruppi scultorei.


il parco reale di Caserta, la "strada fiume" verso il palazzo

il parco reale di Caserta, la cascata sulla fonatan di Diana e Atteone

Due di questi narrano il mito di Diana e Atteone: da una parte la dea sorpresa nuda dal giovane cacciatore mentre fa il bagno, circondata dalle ninfe, dall’altra la metamorfosi in cervo e la morte di Atteone, divorato dai cani.


parco reale di Caserta, fontana di Diana e Atteone, gruppo di Diana al bagno

parco reale di Caserta, fontana di Diana e Atteone, gruppo di Atteone assalito dai cani
Una zona del parco, per volontà dei nuovi sovrani Ferdinando IV e Maria Carolina, fu trasformata dopo il 1768 in giardino all’inglese: un fatto che testimonia la diffusione su scala europea, negli ultimi decenni del Settecento, di una nuova estetica del giardino, che oppone agli schemi geometrizzanti dei giardini all’italiana e dei parchi francesi una natura lasciata libera e, apparentemente, selvaggia, capace di offrire una varietà di angoli ed effetti piacevolmente sorprendenti per il visitatore.


parco reale di Caserta, giardino inglese, il bagno di Venere

parco reale di Caserta, giardino inglese, le finte rovine

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