le prospettive a perdita d’occhio dei lunghi viali
che si dipartono dalle porte verso le principali direzioni e verso le residenze
extraurbane dei sovrani.
L’architettura barocca, ebbe infatti,
una diversa concezione degli spazi urbani e dell’urbanistica instaurando un
rapporto del tutto nuovo tra edifici e spazi urbani. Gli ambiti cittadini
vennero considerati alla stregua di spazi teatrali e le facciate degli edifici
diventarono le quinte di uno spazio scenico, ma soprattutto cambiò
l’atteggiamento della tecnica di intervento urbano.
L’edificio rinascimentale aveva un
principio di regolarità geometrica che doveva imporsi sugli spazi circostanti, i
quali dovevano loro adattarsi all'edificio, e non viceversa e, salvo rare
eccezioni, alla fine apparve evidente quanto fosse pretestuosa e difficilmente
perseguibile una simile aspettativa. Gli architetti barocchi, abbandonando le
regolari geometrie preferite dagli architetti rinascimentali e l’utopia della
città perfetta, piuttosto che modificare gli spazi urbani in funzione
dell’edificio che andavano a progettare, preferirono adattare quest’ultimo al
contesto, inserendolo senza forzature eccessive. Le città, in cui si trovarono
ad operare erano in larga parte formate e modificate nel medioevo e, tranne
parti ben limitate, avevano per lo più forme irregolari. L’architetto barocco,
senza nessuna pretesa di regolarizzare l’irregolare, sfruttò anzi tale
complessità morfologica per ottenere spazi urbani più mossi e ricchi di scorci
suggestivi. L’architettura barocca finì così per modificare l’aspetto delle
città, e la sua stessa struttura molto di più di quanto avessero fatto gli
architetti precedenti, sovrapponendo, in molti casi, quella barocca alle forme
precedenti. Ma gli spazi urbani non si compongono solo di edifici. In essi vi
sono fontane, scalinate, monumenti ed altro, che arricchiscono questi spazi di
altre presenze significative. Ed il barocco dedicò notevole attenzione anche a
questi elementi di arredo urbano. A Roma, la Fontana di Trevi e la scalinata di
Trinità dei Monti, sono solo due tra gli esempi più noti.
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Fontana di Trevi, Roma, 1732-1762 |
La
Roma di Sisto V
Il primo grande piano barocco di
trasformazione urbana fu probabilmente quello che l'architetto Domenico Fontana disegnò per
il Papa Sisto V a Roma: una rete di strade rettilinee che collegavano le
principali basiliche, i cui fulcri erano segnati con piazze e resi visibili da
lontano con obelischi recuperati dalle rovine romane e che si concluse con la
realizzazione del colonnato di Piazza San Pietro.
Sisto V fu uno dei Papi più importanti
del XVI secolo. Nonostante la breve durata del suo pontificato (appena cinque
anni dal 1585 al 1590), riuscì a dare uno straordinario impulso alla riorganizzazione
sociale ed economica dello Stato pontificio, culminante in un radicale
ridisegno in chiave moderna di tutta la struttura urbana di Roma che divenne un
imprescindibile punto di partenza anche per gran parte degli interventi
urbanistici dei secoli a venire.
Grazie alla collaborazione
dell’architetto e ingegnere Domenico Fontana (1543-1607), attivissimo esecutore
delle scelte papali, Sisto V riprende e potenzia molti degli interventi già in
parte iniziati da alcuni suoi predecessori. Egli, fra l’altro, decide la nuova
lastricatura di quasi tutta la città e una più efficiente regimentazione delle
acque, accrescendo la portata degli acquedotti preesistenti e potenziando nel
contempo le reti fognarie di smaltimento. In questo quadro assume grande
rilievo la realizzazione dell’Acquedotto Felice (dal nome di battesimo del papa
che si snoda lungo un tracciato di circa trenta kilometri, dalle fonti di
Pantano de’ Glifi (nella campagna a Est di Roma), fino ai quartieri più alti
della città (Esquilino, Quirinale, Viminale), rifornendo anche le fontane del
parco intorno alla villa che il papa possedeva presso le Terme di Diocleziano.
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Fontana del Mosè, mostra terminale dell'acquedotto Felice (Giovanni e Domenico Fontana), 1585-1589 |
Sul piano più specificatamente urbano Sisto
V ordina il completamento e il tracciamento ex novo di alcuni grandiosi assi
viari rettilinei, grazie ai quali intendeva collegare fra loro le principali basiliche
della città. A tal fine egli pose come nodo centrale dell’intero sistema la
Basilica di Santa Maria Maggiore, con l’evidente finalità di controbilanciare
sul versante Sud-orientale della città la presenza – a Nord-Ovest – della
gigantesca Basilica vaticana. Da piazza dell’Esquilino, sul fronte absidale di
Santa Maria Maggiore, viene così tracciato il primo tratto della cosiddetta
Strada Felice fino alla Chiesa di Trinità dei Monti. Da piazza Santa Maria
Maggiore, invece, si diparte il secondo rettifilo della Strada Felice, che
giunge fino alla Basilica di Santa Croce in Gerusalemme, a ridosso delle mura
Aureliane. Sempre dalla piazza antistante alla Basilica di Santa Maria Maggiore
si diparte anche via Merulana, che conduce in linea retta alla Basilica di San
Giovanni in Laterano. Da qui prendeva le mosse il cosiddetto Stradone (ora via
di San Giovanni in Laterano) che giunge fino al Colosseo, nella faraonica
ipotesi – poi non realizzata– di prolungarne l’asse attraverso i Fori,
addirittura fino a giungere alla Basilica di San Pietro. Conclude la stella di
stradela caratteristica via Panisperna, che scende ripidamente verso la
centralissima piazzaVenezia. Un altro asse rettilineo, infine, viene aggiunto
risistemando la strada Pia(oggi via XX Settembre e via del Quirinale), al fine
di potenziare il raccordo tra Porta Pia, l’ingresso Nord-orientale all’Urbe, e
il palazzo papale del Quirinale.
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Veduta della Roma di Sisto V , (anonimo romano), 1589,1590 biblioteca apostolica vaticana, Città del Vaticano |
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Schema del piano per Roma di Sisto V |
Per sottolineare la funzione di
scenografici cannocchiali prospettici, unendo simbolicamente luoghi della città
anche molto distanti tra loro, Sisto V fa erigere ben quattro grandiosi
obelischi. Essi giganteggiano in piazza San Pietro (1586), in piazza dell'Esquilino
(1587), in piazza San Giovanni in Laterano (1588) e in piazza del Popolo
(1589).Lo svettare di questi snelli colossi di pietra assume il duplice
significato urbanistico di straordinaria emergenza monumentale e religioso di
trionfo della Controriforma su uno dei simboli più classici della paganità. (Sulle trasformazioni della Roma rinascimentale e barocca puoi avere maggiori informazioni da questo video)
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cronologia degli obelischi di Roma |
La Francia fu il paese dove si manifestò
con maggior linearità e chiarezza quel processo di accentramento dei poteri
nelle mani del sovrano e di progressivo svuotamento dei vecchi organismi
feudali che portò alla fondazione dello stato moderno. Quando Luigi XIV assunse
il potere nel 1661, infatti, non fece che affrettare un processo già in corso,
combinandolo con una sempre maggiore tendenza al governo personale («Lo stato
sono io», affermava). In questo quadro l’assolutismo si arricchì di nuove
strategie, molte delle quali passavano attraverso un più stretto controllo
della cultura e l’utilizzo delle arti come strumento di celebrazione
dell’autorità e della potenza del sovrano. Parigi divenne così il prototipo di
una nuova stagione artistica, nella quale lo spazio urbano era chiamato ad
assecondare l’ostentazione del potere regio, divenendo un modello per le altre
capitali europee: da Vienna a Madrid, da Praga a Caserta.
Luigi XIV orientò l’espansione della
capitale disponendo la creazione dei grandi boulevards e la demolizione dei
vecchi bastioni murati ed edificando nuovi lungofiume (quais) e nuovi
quartieri. Ma la città era uno spazio ormai troppo limitato per ospitare il
simbolo più grandioso dell’autorità del Re Sole che decise di trasferire la
corte e gran parte dell’amministrazione dello Stato, dal palazzo del Louvre in
una nuova residenza extraurbana a Versailles, che avrebbe dovuto essere
ineguagliabile per grandezza e splendore.
La vicina Versailles, infatti, non
imponeva nessun vincolo e offriva vaste estensioni libere; così nel 1661 Luigi
XIV affidò all'architetto Louis Le Vau la trasformazione dell’antico
castello in splendida residenza per la corte. L’originaria pianta rettangolare
fu sostituita da una pianta a U, le cui braccia laterali disegnano tre corti
(la Corte dei ministri, la Corte reale e la Corte dei marmi) che vanno
restringendosi verso l’ingresso della reggia sulla facciata principale.
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il castello di Versailles nel 1668, dipinto di Pierre Patel |
Realizzata in stile tardobarocco, quest’ultima è composta da un avancorpo
centrale che si sviluppa su tre piani: quello terreno presenta tre ampi
finestroni divisi da una serie di colonne binate, sulle quali poggia la balconata
del piano nobile; al piano più alto, tre finestre con balaustra sono sormontate
da un fregio decorativo (il fastigio) che include un orologio.
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Reggia di Versailles, la facciata sulla Corte Reale |
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Reggia di Versailles, la facciata sulla Corte dei marmi |
Nel 1678 il
monarca decise di ingrandire nuovamente la già vasta residenza, così da potervi
ospitare anche i servizi di stato e l’apparato governativo. La soprintendenza
ai lavori fu affidata a Jules Hardouin Mansart, architetto reale,
il quale creò due ampie ali laterali a fianco del corpo di fabbrica centrale,
comprendenti un teatro, una cappella, ambienti di lavoro e locali di servizio,
come il padiglione dell’Orangerie destinato ad accogliere le piante di agrumi
ed esotiche nei mesi invernali.
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L'ampliamento della Reggia di Versailles con le nuove ali laterali. In verde la galleria degli specchi, in giallo la cappella e in azzurro il teatro di corte |
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Reggia di Versailles, la "galleria degli specchi" |
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Reggia di Versailles, esterno della cappella reale |
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Reggia di Versailles, interno della cappella reale |
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Reggia di Versailles, interno del teatro di corte |
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Reggia di Versailles, la camera da letto della Regina |
L’elegante e imponente facciata verso il
giardino e il parco, realizzati da André Le Nôtre a partire dal
1661 e modellata sulla nuova estetica barocca, riprende il motivo delle
finestre fiancheggiate da colonne binate e presenta un avancorpo centrale e due
laterali. Essa si affaccia su una serie di terrazze digradanti decorate con
fontane, specchi d’acqua e aiuole con statue, seguiti da un folto parco
tagliato da un grande canale, che appare come un proseguimento del viale
mediano.
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pianta generale di Versailles, Jean Delagrives, 1746 |
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Reggia di Versailles, la facciata verso il parco |
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Reggia di Versailles, vista aerea sulla facciata verso il parco. Si notano i viali di accesso alla reggia |
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foto aerea sul parco della Reggia di Versailles |
Il visitatore è immerso in uno spazio vastissimo, dove i numerosi
percorsi si intrecciano disorientandolo e sorprendendolo e dove la natura
“artificiale”, lavorata dall’uomo, cede progressivamente il passo alla
vegetazione spontanea. La costruzione del complesso si svolse in un periodo di
tempo che vide il passaggio dal carattere monumentale del Barocco alla
leggerezza e alla grazia del Rococò;
soprattutto l’interno della reggia si ispira a questo nuovo stile decorativo e
ornamentale con susseguirsi di ambienti impreziositi da affreschi, arredi e
oggetti preziosi: uno degli ambienti più celebri e spettacolari è la notissima
Galleria degli specchi, lunga settantatré metri e sfarzosamente scandita da una
successione di specchi nei quali si riflettono gli angoli del parco, visibile
anche dalle finestre prospicienti.
Un
tipico esempio di reggia settecentesca: la Palazzina di Stupinigi (1729-1731)
Nella campagna torinese l’architetto
Filippo Juvarra costruì fra il 1729 e il 1731 la Palazzina di caccia di
Stupinigi: luogo di svago per Vittorio Amedeo II di Savoia e per la sua corte.
Essa risente fortemente, data anche la contiguità geografica, delle influenze
del Rococò francese nella moderna e funzionale distribuzione degli spazi e
nella decorazione degli interni, e appare modellata sull’esempio delle
residenze extraurbane immerse in parchi e giardini, come quella di Versailles.
Il nucleo centrale è rappresentato da un edificio a pianta ovale dal quale si
dipartono quattro bracci proiettati nel paesaggio a formare una croce di
sant’Andrea.
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Palazzina di caccia di Stupinigi, vista aerea |
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Palazzina di caccia di Stupinigi, vista aerea verso il parco |
Questo nucleo costituisce il punto focale di un progetto ben più
vasto e articolato: esso infatti è preceduto da una corte d’onore dal perimetro
mistilineo, che s’innesta armonicamente nell’ambiente naturale e per gradi
conduce al palazzetto vero e proprio. Lungo il profilo di questa corte
d’accesso sono situate file ininterrotte di costruzioni adibite a servizi,
disposte in modo da formare due piazze a ottagono di diversa ampiezza.
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palazzina di caccia di Stupinigi, pianta del piano primo |
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Palazzina di caccia di Stupinigi, la palazzina centrale |
All’interno della Palazzina l’impianto del grande salone, attorno al quale si
dispongono stanze e salottini, costituisce un trionfo del Rococò, per la scelta
degli arredi e per la ricca decorazione a stucchi e pitture,gli uni e l’altra
progettati in parte dallo stesso Juvarra. All’esterno, il trattamento della
muratura, scandita da piatte lesene nettamente profilate e alleggerita dalle
numerose aperture delle finestre, ribadisce il carattere raffinato e intimo
dell’edificio e il suo rapporto di sottile compenetrazione con la natura
circostante.
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palazzina di caccia di Stupinigi, il salone d'onore |
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palazzina di caccia id Stupinigi, la balconata del salone d'onore |
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palazzina di caccia id Stupinigi, "il trionfo di Diana" sulla volta del salone d'onore |
A Napoli il tema delle ristrutturazioni
urbanistiche divenne oggetto di attenzione solo a partire dal quarto decennio
del Settecento, allorché la corte borbonica inaugurò un ambizioso piano di
interventi nella capitale del regno. Ne derivò un forte sviluppo edilizio
orientato alla realizzazione di opere pubbliche, edifici ecclesiastici, ma
soprattutto alla creazione di nuove residenze per la corte, prima fra tutte la
Reggia di Caserta, all’insegna di una spiccata razionalità.
Il progetto borbonico di
ristrutturazione di Caserta Carlo di Borbone affidò a Luigi Vanvitelli la
realizzazione della più imponente tra le sue imprese: una residenza reale a
Caserta, che nelle intenzioni del sovrano avrebbe dovuto essere il centro di
una nuova, regolarissima città ideale, sede della corte, degli uffici
amministrativi, dell’esercito e di istituzioni culturali e artistiche. Nei
progetti presentati nel 1751 dall’architetto il palazzo diventa infatti il
perno di un sistema che, da un lato, si dilata nell’immenso parco e,
dall’altro, prevede lo sviluppo della città entro quadrati regolari, definiti
dalle vie che simmetricamente si dipartono dal cortile ovale che precede la reggia
stessa. L’arteria centrale conduce a Napoli e si propone come continuazione
dell’asse del palazzo e del giardino.
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dichiarazione dei disegni del Real Palazzo di Caserta, Luigi Vanvitelli, 1756 -vista sulla facciata principale |
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dichiarazione dei disegni del Real Palazzo di Caserta, Luigi Vanvitelli, 1756 -vista sul parco verso la città |
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Dell’ambizioso progetto furono
realizzati soltanto il parco e la reggia, che si innesta nella tradizione delle
grandiose residenze reali dell’età dell’assolutismo inaugurata da Versailles.
La Reggia di Caserta si distingue tuttavia per un’organizzazione più serrata e
geometrica, che riflette i desideri del committente e soprattutto la rigorosa e
lucida impostazione dell’architetto. L’edificio è un grandioso blocco
rettangolare che ingloba quattro cortili uguali, definiti da due bracci che si
incrociano perpendicolarmente formando al centro un ampio vano ottagono su due
piani. Al regolare impianto planimetrico corrisponde un altrettanto rigorosa
distribuzione degli interni, che contiene però eccezioni sorprendenti come la sfarzosa
Cappella palatina, dalla volta a cassettoni, o il teatro di corte. Nella
purezza formale e nello stile sobrio e pacato della reggia vanvitelliana si è
spesso voluto vedere un’anticipazione del Neoclassicismo.
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reggia di Caserta, vista aerea |
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Reggia di Caserta, la facciata princiaple |
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Reggia di Caserta, pianta del piano primo |
Tuttavia, ritroviamo
il gusto un gusto rococò nel prevalere dell’impostazione scenografica, ben
evidente nella decorazione della Cappella, nei vestiboli ottagonali che ritmano
il portico centrale, nelle gallerie prospettiche dalle quali si aprono vedute
in varie direzioni e nel maestoso Scalone d’onore che collega i due piani della
rotonda centrale.
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Reggia di Caserta, i cortili interni |
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Reggia di Caserta, gli archi dei vestiboli ottagonali |
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Reggia di Caserta, le gallerie prospettiche |
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Reggia di Caserta, lo scalone d'onore |
Il parco si propone come una delle ultime interpretazioni
della grandiosa e scenografica tipologia del giardino barocco, del quale
conserva in primo luogo la concezione di un paesaggio infinito, organizzato
intorno a un asse centrale dominante a cui la reggia fa da sfondo. Il sistema
delle residenze reali e delle ville di caccia produsse, infatti, una forte modificazione
del paesaggio: i viali, le zone boscose, i campi e i prati aperti formavano sul
territorio come un grande disegno geometrico che poteva essere visto anche
dalle alture: il segno visibile del domino della corte e della sua vanità sulla
natura.
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vista aerea del parco reale della Reggia di Caserta |
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il tracciato dell'acquedotto carolino, in un mappa del 1826
L'acquedotto
Carolino è l'acquedotto nato per fornireanche l'apporto idrico
alla Reggia di Caserta, prelevando l'acqua alle falde del monte Taburno, nel
territorio di Bucciano (BN), e trasportandola lungo un tracciato che
si snoda, per lo più interrato, per una lunghezza di 38
chilometri. L'opera, iniziata nel 1753 ha richiesto 16 anni di
lavori e venne riconosciuta come una delle opere di maggiore
interesse architettonico e ingegneristico del XVIII secolo.
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il ponte dell'acquedotto carolino nella valle di Maddaoloni
Di
particolare pregio architettonico e dal 1997 patrimonio mondiale dell'UNESCO è il ponte, a tutt'oggi perfettamente
conservato, che attraversando la Valle di Maddaloni congiunge il monte Longano (ad est) con il
monte Garzano (ad ovest). Tale costruzione, si innalza con una possente
struttura in tufo a tre ordini di arcate poggianti su 44 piloni a pianta
quadrata, per una lunghezza di 529 m e con un'altezza massima di 55,80 m, sul
modello degli acquedotti romani. Al momento della costruzione fu il ponte più
lungo d'Europa.
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L’attuale conformazione del parco mostra
alcune variazioni rispetto al progetto originario: l’interesse di Vanvitelli –
e del figlio Carlo, che ne continuò l’opera – venne sempre più concentrandosi
sull’imponente strada-fiume (rifornita dal nuovo acquedotto carolino realizzato dallo
stesso Vanvitelli) che discende sotto forma di cascata dalla collina di Briano
e definisce l’asse principale del parco, in una successione di suggestive
fontane ornate di gruppi scultorei.
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il parco reale di Caserta, la "strada fiume" verso il palazzo |
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il parco reale di Caserta, la cascata sulla fonatan di Diana e Atteone |
Due di questi narrano il mito di Diana e
Atteone: da una parte la dea sorpresa nuda dal giovane cacciatore mentre fa il
bagno, circondata dalle ninfe, dall’altra la metamorfosi in cervo e la morte di
Atteone, divorato dai cani.
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parco reale di Caserta, fontana di Diana e Atteone, gruppo di Diana al bagno |
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parco reale di Caserta, fontana di Diana e Atteone, gruppo di Atteone assalito dai cani |
Una zona del parco, per volontà dei nuovi sovrani
Ferdinando IV e Maria Carolina, fu trasformata dopo il 1768 in giardino
all’inglese: un fatto che testimonia la diffusione su scala europea, negli
ultimi decenni del Settecento, di una nuova estetica del giardino, che oppone
agli schemi geometrizzanti dei giardini all’italiana e dei parchi francesi una
natura lasciata libera e, apparentemente, selvaggia, capace di offrire una
varietà di angoli ed effetti piacevolmente sorprendenti per il visitatore.
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parco reale di Caserta, giardino inglese, il bagno di Venere |
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parco reale di Caserta, giardino inglese, le finte rovine |
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