Le trasformazioni della città tra XIX e XX secolo


L'espansione urbana europea negli ultimi due secoli avviene in stretta relazione con gli sviluppi economico-produttivi: a ogni fase storica dello sviluppo economico contemporaneo sono associabili distinti, sebbene non esclusivi, ‘modelli’ di città.
La prima età industriale nel XIX secolo è caratterizzata da un'urbanizzazione rapidissima e senza regole, dal sorgere di città industriali sovraffollate, insalubri, congestionate; il diffondersi e l'imporsi dell'industrializzazione nel secondo Ottocento vede strutturarsi la città borghese; la seconda età industriale, dal tardo Ottocento e fino agli anni Settanta del secolo scorso, è legata alla città fordista e la terza età industriale, tuttora in corso, alla città postfordista o postindustriale o postmoderna.

The city as an egg (Cedric Price, 1982). Questo schema illustra sinteticamente l'evoluzione della forma urbana nei secoli. La città antica è rappresentata come un uovo sodo, racchiusa entro mura difensive e organizzata per livelli concentrici. La città borghese, quella della della rivoluzione industriale, è rappresentata come un uovo fritto. Essa ha rinunciata alle mura è il suo perimetro, deformandosi, si è esteso nella campagna grazie ai nuovi corridoi del trasporto pubblico, in particolare le ferrovie. La città postfordista è un uovo strapazzato, senza una forma precisa, policentrico, granulare e ricco di enclave isolate.


LA CITTÀ BORGHESE
La città, come oggi siamo abituati a pensarla e a viverla, si delinea in Europa nel XIX secolo sotto la spinta di molteplici e potenti fattori, fra i quali innanzitutto la crescita demografica in atto e gli sviluppi dell'economia, in particolare dell'industrializzazione e dei trasporti. Il XIX secolo evidenzia, infatti, una cesura tra la storia delle città e dell'urbanesimo che precede e quella che segue il 1800, per gli importanti cambiamenti che avvengono sia nella distribuzione della popolazione tra città e campagna, sia nelle funzioni e nell'organizzazione spaziale della città.



I cambiamenti nel panorama urbana con l'avvento della rivoluzione industriale

Nelle società preindustriali, le città, pur essendo sede di attività produttive, erano state soprattutto centri amministrativi, religiosi, militari, commerciali. Nel corso dell'Ottocento, le attività produttive diventano molto più importanti se non preminenti, la funzione economica assume cioè un ruolo primario su ogni altra e la città, singolarmente e come elemento del sistema urbano generale, diventa centrale nello sviluppo delle economie nazionali.
Pur in tempi e con modalità assai differenti nei diversi paesi, nel corso del secolo, le città crescono di dimensioni e di numero. Ad esempio, le città con oltre 100.000 abitanti sono 23 all'inizio del secolo per diventare 135 alla fine. Due sono le cause convergenti nel determinare questo fenomeno: l'aumento considerevole della popolazione -la popolazione urbana, calcolata intorno ai 19 milioni nel 1800, aumenta di ben sei volte nel corso del secolo a fronte di una popolazione complessiva che passa dai 180 ai 470 milioni- e l'attrazione esercitata dalle città come sedi di attività industriali o grandi centri dei traffici e dei commerci. Le campagne sono diventate ovunque sovraffollate e la terra non è in grado di assicurare la sussistenza a un numero crescente di persone che, spinte dalla povertà, migrano oltreoceano o nelle città, attratti dalle maggiori possibilità di lavoro e di vita.
I problemi della vita urbana Molti intellettuali, scrittori, filantropi, riformatori e molte indagini descrivono le condizioni terribili di vita e di lavoro nelle città, la povertà, l'inquinamento, le condizioni igieniche catastrofiche, il sovraffollamento, il degrado del vivere quotidiano, l'aumento della criminalità. In città si vive meno a lungo, la mortalità eccede largamente la natalità, ma la popolazione urbana continua a crescere per l'arrivo di nuovi migranti dalla campagna.



Le condizioni di vita nei quartieri operai. Pianta di un'appartamento operaio a Glasgow

Quartiere operaio a New York alla fine del XIX secolo
Nel corso del secolo, sotto la spinta di molteplici fattori, i complessi problemi connessi alla crescita rapida e senza regole delle città cominciano a essere affrontati se non risolti. In tempi diversi da città a città, vengono ad esempio costruite estese reti idriche e moderni sistemi fognari. In generale, la creazione di infrastrutture (strade, acqua, fogne, gas) e di servizi (dai trasporti ai teatri) riguarda inizialmente le grandi città e gli strati più alti della società, per poi, seppur lentamente, generalizzarsi (in Italia, la casa con servizi igienici interni è per i più una conquista successiva alla Seconda guerra mondiale).

Trasformazione delle grandi città Dalla seconda metà del secolo, nelle città si avvia un immenso processo di trasformazione che modifica l'assetto urbano, rimasto spesso sostanzialmente lo stesso dall'inizio della dirompente espansione economica cinquecentesca. La pressione urbanistica e gli interventi volti a risanare, costruire, abbattere, creano una nuova domanda di suolo urbano edificabile e un lucroso campo di transazioni e di affari, anche speculativi, che attira ingenti capitali e dove agiscono e si combinano interessi pubblici e privati. Soprattutto nelle grandi città, si demolisce, si costruisce, si modifica la distribuzione spaziale delle funzioni economiche e sociali, si disegna il volto della città della borghesia. La grande città si organizza in zone specializzate: il centro degli affari, le zone commerciali, amministrative e politiche, le aree di produzione e quelle ricreative, i quartieri abitativi distinti per strati sociali.
Alcuni modi d’intervento urbanistico sono utilizzati nelle più diverse realtà e possono essere considerati modelli, ad esempio l'abbattimento delle mura di cinta o di altre antiche barriere difensive che ostacolano l'espansione, lo sventramento di quartieri vecchi e malsani, l'aumento del volume e dell'altezza degli edifici pubblici e privati, la costruzione di edifici simbolo e di nuove grandi arterie.


Gli sventramenti Hausmaniani di Parigi

Parigi. La realizzazione di Avenue dell'Operà

Parigi. Il teatro dell'Opera

Alla fine del secolo, nell'arco di una o due generazioni, le città sono diventate irriconoscibili, maggiormente simili al loro aspetto attuale, e sono il luogo dove più chiaramente si mostra il volto della società borghese. Si formano e si sviluppano modi di vita specificatamente urbani, radicalmente differenti da quelli delle chiuse comunità contadine, caratterizzati –pur nelle notevoli differenze, innanzitutto legate all'appartenenza sociale e di genere– dal distacco dalla natura, dall'accentuarsi della contrapposizione tra città e campagna, dal maggior individualismo, dalla vicinanza di lusso e miseria, dalla separazione degli ambienti privati e pubblici, dall'innovazione, da ritmi di vita veloci e legati al tempo scandito dall'orologio.

Gustave Caillebotte. Giorno di pioggia a Parigi, 1877

Parigi. I grandi magazzini Printemps, 1877

Milano. La galleria Vittorio Emanuele, 1867

Londra. Il Crystal Palace, 1851

LA CITTÀ FORDISTA
Nella città fordista, l’industria ottocentesca lascia il passo all’industria moderna, basata su imprese di grandi dimensioni, sulla produzione di beni di massa e su un'organizzazione del lavoro fortemente parcellizzata, con manodopera poco qualificata (catena di montaggio).
Tale modello produttivo presuppone il progressivo ampliamento della domanda di consumo di beni durevoli e un particolare ruolo dello Stato come erogatore di servizi nei campi della sanità, dell'istruzione, dell'assistenza, dei trasporti pubblici per garantire standard di reddito, alimentazione, salute, sicurezza, istruzione e abitazione.
Il processo di crescita delle città è sempre in atto, in particolar modo dalla fine della Seconda Guerra Mondiale fino agli anni ’70 le città continuano a crescere a dismisura, inglobando al proprio interno fabbriche di grandi dimensioni (nel caso italiano, ad esempio, lo sviluppo di Torino è fortemente ancorato a quello della Fiat), sottraendo popolazione alle campagne e generando enormi periferie prive di connotazione e qualità.


Schema della città fordista

Catena di montaggio
Charlie Chaplin. Tempi moderni





 Dal punto di vista sociale, la città fordista ha fra i suoi aspetti più caratterizzanti, accanto alla forte presenza di operai (tute blu), la progressiva crescita del ceto medio (lavoratori specializzati, tecnici e impiegati, necessari all’industria e al settore pubblico dei servizi) e la diffusione di attrezzature collettive, dall'edilizia popolare ai servizi sociali ed educativi. È un luogo di redistribuzione sociale, in cui le diseguaglianze tra i vari gruppi sociali, sono più ridotte che nel passato. È una città gravata dai problemi di un'immigrazione massiccia, dal pendolarismo, dalla costruzione frettolosa di nuovi quartieri di bassa qualità. È anche la città dell'avvento del consumo di massa (ad esempio, in Italia negli anni Sessanta del boom economico) e di una crescente e forte conflittualità sociale. È anche una città (e una società urbana) disciplinata da tempi e processi organizzativi rigidi e da una rigida separazione fra luogo e tempo di lavoro (la fabbrica, l'ufficio) e luogo e tempo per le attività del tempo libero.

La crescita della città. Dal punto di vista dell'organizzazione spaziale, dal secondo dopoguerra, le città industriali continuano a crescere e progressivamente perdono di compattezza. Nelle periferie crescono i quartieri operai (per lo più ad alta intensità abitativa e a bassa qualità ambientale), ma nascono anche quartieri satellite, che si estendono nei comuni della prima cintura, inframmezzati alle grandi industrie (cinture industriali) e sono abitati prevalentemente da lavoratori occupati in città o nelle aree periferiche, dando luogo al fenomeno del pendolarismo.
La città si collega sempre più con le periferie e le aree suburbane in una conurbazione che comprende le cinture industriali e i comuni limitrofi. Per definire questo insieme territoriale che si estende oltre la conurbazione si è imposto il concetto di area metropolitana. A differenza di quanto accaduto durante la formazione della città industriale nel XIX secolo, dunque, nella nuova configurazione che la città va assumendo, i centri secondari non vengono inghiottiti da quelli più grandi, ma si sviluppano in modo concorrenziale e grandi spazi che prima erano campagna entrano a far parte del sistema urbano. Nei paesi europei più avanzati, la trasformazione della città in area metropolitana avviene negli anni Sessanta e Settanta; in Italia, dove il processo di crescita urbana è più lento e fortemente differenziato territorialmente, dagli anni Ottanta.

CRISI DEL MODELLO FORDISTA
A partire dagli anni Settanta del Novecento, il modello fordista entra in crisi per molte ragioni e si rompe il legame profondo instauratosi fra industrializzazione e urbanizzazione. Da allora, e più rapidamente dopo il crollo del muro di Berlino, si modifica profondamente il sistema economico mondiale, si rompe la correlazione tra grande città e possibilità di lavoro e di fruizione dei servizi (tipica dello sviluppo della città europea per buona parte del Novecento), rallenta la crescita delle aree metropolitane e si trasforma il panorama urbano.
Oggi nessuna città europea è più segnata nel suo profilo dalle ciminiere o dagli altiforni degli impianti industriali. Le attività produttive, infatti, non hanno più bisogno di concentrarsi in città, ma di essere collegate da reti informatiche. Le città si trasformano da luogo di produzione in centri soprattutto di servizi e la crescita urbana continua là dove le economie locali sostituiscono alla fabbrica gli uffici pubblici e privati, in cui avviene la produzione di servizi, soprattutto di tipo avanzato, legati all'innovazione tecnologica e culturale. Le città, inserite in un'economia che trascende la realtà locale e nazionale, non si contrappongono più al territorio circostante, ma compenetrano la campagna diffondendovi, complici i trasporti, la televisione, i cellulari e i computer, modelli di vita urbani.

Schema di città postfordista





Le città oggi vengono definite per differenza, utilizzando aggettivi quali postfordista o postindustriale o postmoderna, che evidenziano non solo che le trasformazioni sono tuttora in corso, ma soprattutto che non sono riconducibili, almeno per ora, a uno schema esplicativo generale.

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