Itinerario nella Roma barocca


Il Barocco è la veste più sfacciata di Roma, la meno nascosta e la più sfolgorante. Non è possibile camminare per il centro di Roma senza imbattersi in uno dei capolavori dell’arte barocca: dalla splendida Fontana dei Fiumi a piazza Navona alla immaginifica guglia Sant’Ivo alla Sapienza. Senza dimenticare gli straordinari dipinti di Caravaggio e San Pietro, con il suo colonnato.
Per gli artisti del Barocco l’arte non imita più la natura, ma la ricrea. Lo scopo è suscitare meraviglia, commuovere, prediligendo il bizzarro e l’eccentrico, addirittura il grottesco, la commistione di stili diversi, il lugubre, l’insolito, i giochi prospettici e illusionistici. L’arte è prodotto dell’immaginazione, che è superamento del limite; anche la salvezza è possibile solo se immaginata. L’arte barocca non aggiunge nulla alla conoscenza oggettiva della natura e della storia, questo scopo ormai spetta alla scienza. L’artista si interessa alla natura e alla storia solo in quanto il pensiero della natura e della storia gli consente di oltrepassare i limiti verso il possibile, fabbricando nuovi schemi per inquadrare e leggere fatti che possono diventare realtà. (le parti architettoniche che si flettono e si animano, i soffitti che si aprono verso cieli affollati di Santi e di angeli, immagini che sembrano apparizioni improvvise all’interno delle architetture o nei dipinti).
Definire i caratteri dell’arte barocco non è quindi difficile.
Uno dei primi parametri è sicuramente l’uso privilegiato della linea curva. Tutto deve prendere andamenti sinuosi, con curve che non sono mai semplicemente circolari, ma matematicamente complesse come ellissi e spirali. Un altro parametro stilistico è la complessità. Nulla deve essere semplice, ma deve suscitare sempre la meraviglia dell’osservatore. Dinanzi ad essa si doveva restare a bocca aperta, chiedendosi come fosse possibile realizzare una cosa del genere.
Altro elemento tipico del barocco è ovviamente l’effetto illusionistico. Nulla è ciò che appare; la grande padronanza tecnica della prospettiva consentiva di creare effetti illusionistici che sfondano le pareti e i soffitti, mentre, in scultura, il marmo e il bronzo assumono l’aspetto di stoffe e panneggi con effetti straordinari.
Infine l’effetto scenografico. Le architetture barocche segnano con la loro presenza tutto lo spazio disponibile creando una sorta di palcoscenico nel quale si assiste all’interazione e la fusione tra tutte le arti (scultura, pittura e architettura), nella definizione di nuove strutture spaziali, in organismi monumentali e in sistemazioni urbane.






Chiesa di Santa Maria della Vittoria
scultura GianLorenzo Bernini teatralità fusione delle artì

GianLorenzo Bernini, cappella Cornaro, Transverberazione di Santa Teresa, 1647-1652
La chiesa di Santa Maria della Vittoria (1608-1620) venne costruita, su progetto di Carlo Maderno, sul luogo della precedente chiesa di San Paolo per celebrare la vittoria delle truppe cattoliche su quelle protestanti nella Guerra dei Trent’anni. L’interno, a navata unica, è scandito da tre cappelle per lato, tra cui spicca la celebre cappella Cornaro, capolavoro di Gian Lorenzo Bernini. La cappella è concepita dall’artista (che realizza personalmente tutte le parti scultoree) come un piccolo teatro, dove al posto del palcoscenico è rappresenta il miracolo della Transverberazione di Santa Teresa e ai lati i membri della Famiglia Cornaro assistono alla scena, affacciati da due finti palchi. Le linee prospettiche, convergenti verso l'altare, offrono a chi entra nella cappella, un'illusione perfetta di dilatazione dello spazio in una fusione completa e armonica di pittura, scultura, architettura e decorazione.
L'effetto visionario della scena della Transverberazione di santa Teresa sorprende lo spettatore: la scultura, grazie a due staffe ancorate alla parete di fondo, è sospesa a mezz'aria, la luce, proveniente da una finestra nascosta dietro al timpano e coperta da un vetro giallo, illumina i raggi dorati che riflettono la luce sulle sculture. Il vano riservato al miracolo, appare quindi illuminato da questa luce soprannaturale e sembra sprigionare un'energia misteriosa che non riesce a contenersi e preme verso l'esterno, incurvare e deformando gli elementi architettonici.

Chiesa di San Carlo alle quattro fontane
architettura Francesco Borromini complessità linee curve

Francesco Borromini, chiesa di San Carlo alle quattro fontane, 1634-1644, intero della cupola, 
Nota anche come San Carlino, per le ridotte dimensioni, è uno dei capolavori di Francesco Borromini e dell’architettura barocca. Iniziata nel 1634, sei anni dopo era praticamente completata, fatta eccezione per la facciata, realizzata tra 1664 e 1667, anno della morte dell’architetto. L'interno sfrutta, con apparente semplicità, gli spai ridotti alternando pareti concave e pareti convesse che conferiscono una plasticità straordinaria.
Al di sopra della trabeazione, che si flette in corrispondenza dei settori curvilinei, le forme si ricompongono nell’ovale della cupola caratterizzato da un disegno a cassettoni dove si alternano croci e ottagoni
Anche nel chiostro non abbiamo la sensazione di trovarci in uno spazio ristretto, al contrario, viviamo un ambiente avvolgente ed emozionante, ottenuto grazie ad abili accorgimenti: per evitare che lo sguardo intorno al chiostro si bloccasse nei quattro angoli retti, Borromini elimina le colonne ai vertici e le scavalca con un tratto obliquo di trabeazione.
Nella facciata Borromini utilizza due ordini, uno superiore ed uno inferiore. La parte inferiore è caratterizzata da un’alternanza di superfici concave e convesse, mentre la superiore presenta tre parti concave di cui la centrale ospita un'edicola convessa. Egli gioca con la concavità e la convessità delle pareti creando una facciata dinamica e piena di movimento, ma anche con le fantasiose decorazioni come la nicchia posta sopra al portale d'ingresso nella quale le colonne sono due cherubini le cui ali vanno ad unirsi e creare una copertura alla statua.

Chiesa di Sanl Luigi dei Francesi

pittura Caravaggio teatralità realismo

Michelangelo Merisi da Caravaggio, Vocazione di San Matteo, 1599-1600
Iniziata nel 1518 e terminata nel 1589 da Domenico Fontana su progetto di Giacomo della Porta, la Chiesa era la chiesa parrocchiale per tutti i francesi dimoranti in Roma, in qualunque rione essi fossero. La facciata ospita le statue delle glorie francesi Carlo Magno, San Luigi, Santa Clotilde e San Giovanni di Valois ed è celebre nel mondo per il ciclo di San Matteo realizzato da Caravaggio e ospitato nella cappella Contarelli.
Le tre tele che Caravaggio realizza per la cappella sono la prima importante commissione che egli realizza a Roma, e rappresentano anche un importante punto di svolta nel suo stile. Il suo realismo trasforma gli episodi rappresentati (la vocazione, l’angelo e e il martirio) in una scena dei suoi tempi, negli abiti e nelle ambientazioni; come a dire che il sacro non ha una collocazione lontana nel tempo e nello spazio, ma è sempre presente tra di noi.
Da questo momento in poi, inoltre, la sua pittura acquista un carattere sempre più drammatico che accentua in maniera violenta i contrasti tra luci ed ombre. Tuttavia la prevalenza è sempre dell’oscurità, e le immagini si riducono all’essenziale rischiarate da una luce che ha sempre un valore più simbolico che reale. La luce, infatti, è quanto noi possiamo conoscere del creato rispetto al divino che ci rimane invisibile.

Chiesa di Sant'Ivo alla Sapienza

architettura Francesco Borromini complessità linee curve

Francesco Borromini, chiesa di Sant'Ivo alla Sapienza, 1642-1662
La chiesa attualmente non è visitabile ma è possibile visitare il cortile per ammirarne la facciata
Sant'Ivo alla Sapienza fu tema difficilissimo per Borromini, condizionato dalla preesistenza del palazzo e del cortile già realizzati che lasciavano uno spazio grossolanamente quadrangolare molto limitato per far sorgere la chiesa.
Da questi vincoli egli ricaverà un'occasione di grande libertà ottenuto con estrema purezza ed apparente semplicità: una pianta centrale ottenuta per sovrapposizione di due triangoli che costruiscono un perimetro mistilineo dove linee curve si alternano a quelle rette. All’esterno, alla facciata concava già esistente, il Borromini aggiunse l'attico convesso sopra il quale si innalzano la cupola gradinata, poi la lanterna, e infine, tra fiaccole di travertino, la celebre chiocciola, o spirale, riccamente decorata a stucchi, che termina in una fiamma, sopra la quale, in ferro battuto, una tiara, il globo e la croce.

Piazza Navona (Bernini, fontana dei fiumi)

scultura GianLorenzo Bernini complessità spazi urbani

GianLorenzo Bernini, fontana dei quattro fiumi, 1648-1651
La più bella piazza barocca di Roma occupa la pista dell'antico Stadio di Domiziano o Circus Agonalis (da cui il nome di piazza in Agone trasformatosi nel tempo in piazza Navona), del quale ha conservato perfettamente la forma rettangolare allungata dell'arena. Alcuni resti delle imponenti costruzioni sono ancora visibili in un palazzo in piazza di Tor Sanguigna o negli ambienti sotterranei della chiesa di Sant'Agnese in Agone. Tre fontane ornano la piazza: la Fontana del Moro, così chiamata per la statua dell'Etiope che lotta con un delfino e la Fontana de' Calderari, conosciuta anche come la Fontana del Nettuno (realizzate da Giacomo della Porta nel 1574 e successivamente ritoccate da Bernini) e la Fontana dei Quattro Fiumi, una delle più belle e fantasiose opere del Bernini
Realizzata tra il 1648 ed il 1651 da un folto gruppo di artisti e maestranze dirette da Gian Lorenzo Bernini, la fontana è immaginata come una grande scogliera di travertino, scavata da una grotta con quattro aperture, che sorregge l’obelisco di granito che sorgeva nell’area del Circo di Massenzio. Sugli angoli della scogliera sono collocate le state dei quattro fiumi che rappresentano i continenti allora conosciuti, identificati anche dalla vegetazione e dagli animali scolpiti accanto: il Danubio per l’Europa, con il cavallo; il Gange per l’Asia, con il remo e il dragone; il Nilo per l’Africa, con il capo velato (allusione alle sorgenti sconosciute) associato al leone ed alla palma; il Rio della Plata per l’America con un braccio sollevato ed accanto un armadillo.
In una straordinaria fusione di architettura e scultura, la fontana esprime movimento in ogni suo particolare scultoreo, dalla vegetazione, alle statue, alla fauna rappresentata nel bacino e sulla scogliera, divenendo il fulcro dell’intero spazio della piazza.

Chiesa di Sant'Agnese in Agone 
architettura Francesco Borromini teatralità linee curve

Francesco Borromini, chiesa di Sant'Agnese in agone, 1652-1672
Nel 1651 il Papa Innocenzo X portata a termine la costruzione dell’imponente palazzo di famiglia (l palazzo Pamphilij) in piazza Navona, pensò a una nuova costruzione al postio dell’antica chiesa di Sant’Agnese. L’incarico venne affidato all’architetto Girolamo Rainaldi e i llavori iniziarono il 15 agosto 1652, ma già nel 1653 il pontefice sollevò Rainaldi dall’incarico dei lavori, già in avanzata fase di esecuzione, e li affidò a Francesco Borromini; quest’ultimo progettò l’eliminazione del vestibolo originariamente previsto ricavando in tale spazio una facciata concava e la scalinata d’accesso e, successivamente, aggiunse alla facciata due basse torri campanarie tali da non ostacolare la vista della cupola, sostenuta da un alto tamburo, culminante con una lanterna contornata da sedici colonne. Purtroppo la morte di Papa Innocenzo X e l’elezione di Alessandro VII, il quale, preferiva Bernini a Borromini, cambiò le carte in tavola e portò all’allontanamento dell’architetto da quasi tutti i suoi incarichi (addirittura fu costituita una commissione che indagasse sugli eventuali errori di progettazione del Borromini) favorendo quel lento ma inesorabile processo di degrado fisico e psicologico che lo condusse a darsi la morte di lì a pochi anni.
Al momento del suo allontanamento dal cantiere di Sant’Agnese era già stata probabilmente portata a termine la zona centrale della facciata assieme alla trabeazione, mentre mancava il frontone centrale con la lunetta e il lanternino della cupola. Le torri campanarie erano state impostate fino all’altezza dello zoccolo. Fu richiamato a portare a termine i lavori, Carlo Rainaldi che alterò il progetto borrominiano apportando significative modifiche alla lanterna e ai campanili, eliminando così tutta la fantasia espressa dall’architetto.

Ponte Sant'Angelo

scultura architettura GianLorenzo Bernini spazi urbani

GianLorenzo Bernini, sistemazione di ponte Sant'Angelo, 1669
Anticamente Ponte Sant'Angelo era denominato Ponte Elio, dal nome dell'imperatore Elio Adriano che lo volle edificare nel 134 d.C. per collegare la città all'ingresso del suo mausoleo: l'attuale Castel Sant'Angelo.
Dal 1488 al 1534, la piazza antistante ed il ponte vennero adibiti all'esposizione patibolare: luogo dove ostentare alla pubblica visione i cadaveri delle persone giustiziate.
Nel 1533 Clemente VII fece collocare all’ingresso del ponte le due statue di S.Paolo e S.Pietro che venero poi arricchite nel 1536, in occasione della visita a Roma dell'imperatore Carlo V di Spagna, otto statue di stucco (ben presto andate in rovina) raffiguranti i quattro evangelisti ed i quattro patriarchi. Un restauro generale del ponte fu affidato a Bernini nel 1669: i parapetti chiusi furono sostituiti da balaustrate di pietra e cancellate di ferro, mentre alle due statue già esistenti ne vennero affiancate altre dieci, rappresentanti angeli con i simboli della Passione. Due di essi, quelli con la "corona di spine" e quello "col cartiglio", scolpiti in marmo dallo stesso Bernini, vennero considerati troppo belli per essere esposti alle intemperie sul ponte e sostituiti con copie di bottega. Gli originali restarono in proprietà degli eredi Bernini fino al 1729, quando vennero donati alla chiesa di S.Andrea delle Fratte, dove ancora oggi si possono ammirare. Durante i lavori del 1892 per la costruzione dei muraglioni fu necessario portare la larghezza del fiume fino a 100 metri, per cui il ponte subì una grossa trasformazione per assumere l'aspetto attuale. Il ponte misura 130 metri in lunghezza, 9 in larghezza ed ha cinque arcate in muratura. E' nel 1882, a seguito di lavori di ristrutturazione, che il ponte assunse l'aspetto attuale.

Via della conciliazione

GianLorenzo Bernini, vista della spina di Borgo prima della demolizione
La strada che trionfalmente oggi porta al cospetto della Basilica di San Pietro è il risultato di un'imponente opera di demolizione che interessò tutto l'isolato rinascimentale che si allungava come una Spina tra i borghi fino al colonnato, annullando l'invenzione barocca ideata da Gian Lorenzo Bernini, il quale aveva creato un suggestivo gioco prospettico, ponendo, in asse con la scomparsa via di Borgo Nuovo, il portone in bronzo che conduceva alla Scala Regia. Un sorprendente percorso che accompagnava lo spettatore dalle anguste e articolate strade della Spina di Borgo alla grandiosità della piazza San Pietro, dalla quale venivano offerti scorci verso la facciata della basilica e verso la cupola michelangiolesca. Facendola poi scoprire riservando la sorpresa di scoprire improvvisamente San Pietro.
La strada attuale, che collega idealmente la capitale d'Italia con lo Stato Vaticano, venne realizzata a partire dal 1936 per celebrare la firma dei Patti Lateranensi dell'11 febbraio 1929 e sarebbe stata completata solo in occasione del giubileo del 1950 con l'installazione di delle due file di portalampioni a forma di obelisco.
Un’impressione di quello che poteva essere percorrere le strade stradine della Spina si può avere oggi percorrendo da Piazza Pia la via di Borgo Santo Spirito o la di via di Borgo Pio e poi via dei Corridori.

Piazza San Pietro

architettura GianLorenzo Bernini spazi urbani teatralità

GianLorenzo Bernini, vista aerea di piazza di San PIetro, 1656-1667
Bernini cominciò a lavorare alla sistemazione dell’attuale piazza San Pietro nell'estate del 1656, ricercando una soluzione che creasse uno stacco con i palazzi apostolici, armonizzasse l'insieme -pur contenendo le altezze per lasciar vedere bene la Loggia delle benedizioni- e offrisse ampi spazi in grado di garantire facilità di afflusso e deflusso dei fedeli e permettere lo svolgersi di funzioni e processioni. Nella primavera del 1657 il progetto già prevedeva una piazza di forma ovale con un portico colonnato e, per risolvere il problema delle proporzioni della facciata della basilica, inserì davanti alla chiesa, la cosiddetta piazza retta, di forma trapezoidale leggermente divergente verso la basilica. Tale leggera inclinazione dei due portici rettilinei permette una visione più equilibrata della facciata, e allontana l’osservatore garantendo la visibilità della cupola michelangiolesca. Il diametro della piazza ovale misura 240 metri, mentre complessivamente la lunghezza raggiunge 340 metri, circondata da un colonnato a quattro file costituito da 284 colonne e 88 pilastri. L'allineamento delle colonne degli emicicli è calcolato sui raggi di un'ellisse, il cui centro è indicato con una piastrella rotonda posta sul pavimento della piazza. Questa soluzione offre allo spettatore un particolare effetto dinamico-visivo: chi attraversa la piazza vede le colonne aggregarsi e staccarsi passando visivamente da spazi vuoti a pareti piene. Al centro è l’obelisco Vaticano, proveniente da Alessandria d’Egitto, che Caligola pose nel cosiddetto Circo di Nerone (37 a.C.) e il cui posizionamento durò dall’aprile al settembre del 1586.

L’originaria idea di sorpresa voluta da Bernini, in base alla quale i pellegrini potevano vedere la piazza giungendo da una serie di vicoli, venne letteralmente distrutta da Benito Mussolini con l’eliminazione della spina di Borgo e la creazione di via della Conciliazione.  

Commenti

Post più popolari